Come la Gallia di Giulio Cesare, la Francia dopo le recenti legislative è divisa in tre parti: il Centro di Emmanuel Macron opposto alle estreme di destra e di sinistra. Da una parte Marine Le Pen e dall'altra Jean-Luc Mélenchon. Il guaio è che il Centro non raggiunge da solo la maggioranza assoluta in Parlamento e sarà costretto a praticare, gli piaccia o no, alleanze con il centrodestra gollista o, meno probabilmente, con il centrosinistra socialista e verde. Insomma, si preannunciano manovre trasformistiche e il paradiso perduto della bicicletta bipolare cede il passo a un triciclo che in Italia si è affermato fin dai tempi di Cavour e che è stato la croce e delizia dell'Italia repubblicana fino al 1994. Quando, grazie a maggioritario alla discesa in campo di Silvio Berlusconi, abbiamo avuto l'impressione di approdare sulle rive del Tamigi.
Tuttavia le esperienze di Italia e Francia non sono sovrapponibili per molti motivi. La nostra è una forma di governo parlamentare nella quale partiti per molto tempo radicati sul territorio e autorevoli hanno compensato una Costituzione gracile perché suggestionata dal timore del tiranno. La Quinta Repubblica francese è tutt'altra cosa. Il semipresidenzialismo fortemente voluto dal generale De Gaulle non fu né un vestito confezionato su misura del suo inventore né un colpo di Stato permanente, come dissero le sinistre. Non solo consentì l'alternanza al potere, e quando Mitterrand s'insediò all'Eliseo non ci fu più contestazione alcuna, ma grazie al doppio turno le mezze ali furono favorite rispetto alle ali. Tant'è che il Partito comunista, uno dei più forti d'Europa, ebbe una illacrimata sepoltura. Tuttavia abbiamo avuto casi di maggioranze parlamentari di segno opposto a quello del presidente. Con il risultato che il semipresidenzialismo è evoluto in semiparlamentarismo.
Proprio per questo nel 2000 è stata corretta la Costituzione. Il mandato presidenziale si è ridotto da sette a cinque anni, come la legislatura. E l'elezione presidenziale interviene poco prima di quella parlamentare. Con un indubbio effetto di trascinamento. Come in effetti è accaduto anche adesso, sia pure in misura inferiore a quello sperato da Macron.
E poi il governo non si deve presentare al suo esordio all'Assemblea nazionale per richiedere la fiducia.La morale della favola è presto detta. In Francia, quando la politica traballa, la Costituzione le corre in soccorso. Ah, dolce Francia
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