Il costo dell'accoglienza: nel 2018 può arrivare a sfiorare i sei miliardi

Sbarchi in calo, eppure crescono gli esborsi per hotspot e Sprar: coop e onlus a gonfie vele

Foto d'archivio
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Roma - Progressione aritmetica. Si può riassumere con questa precisa definizione la crescita pressoché costante, anno dopo anno, della spesa messa in campo per sostenere e sostentare gli immigrati che albergano nelle strutture d'accoglienza. Malgrado negli ultimi sei mesi sia stata evidente la diminuzione degli sbarchi non si è ridotta invece la spesa che potrebbe sfiorare quest'anno addirittura i 6 miliardi di euro. Già, perché la disamina dei documenti che attestano le risorse impegnate per mantenere in piedi gli hotspot - ossia i centri di accoglienza straordinari dove gli stranieri dovrebbero soggiornare per brevi periodi e non essere stanziali fa presagire alla possibilità che con la bella stagione gli arrivi possano essere di nuovo copiosi con l'incremento dei cosiddetti costi vivi. Al contempo è cresciuta a dismisura anche la spesa per il mantenimento dello Sprar, quel sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati che accoglie gli stranieri nelle piccole realtà locali, tra comuni e hinterland. Le cifre per il triennio sono state divulgate in questi giorni: per l'anno corrente il ministero dell'Economia ha stanziato quasi 2,5 miliardi (precisamente 2.449.742.651) mentre, per il biennio successivo altri 4,7. Queste cifre sono riferite al programma di sviluppo dei flussi migratori: in pratica l'ordinaria amministrazione degli Sprar. Ordinaria si fa per dire vista l'entità dell'ammontare che tuttavia servirebbe oltre che al mantenimento degli standard abitativi anche per i progetti di inserimento e inclusione degli immigrati nonché per l'assistenza psicologica di chi ne ha bisogno. Doveroso a questo punto fare i cosiddetti semplici due conti: gli stranieri che a oggi usufruiscono dello Sprar sono circa 32 mila (centinaio più o meno), per cui ripartendo i 4,5 miliardi tra tutti si ottiene che per ciascuno di loro si spende poco più di 13 mila euro l'anno. Ecco perché a conti fatti si supereranno di netto i 5 miliardi già spesi nel 2017. Infatti si devono aggiungere altri 2,7 miliardi per l'accoglienza standard nei Cas, nei Cara e nei Cpr prima del rimpatrio e altri 243 milioni di euro, appena erogati, per la pronta accoglienza nei luoghi di sbarco.

A questi soldi si dovrà sommare dell'altro: sacchetti pasto (circa 5 euro più iva ciascuno), interpretariato tra autorità e immigrato (27,50 euro l'ora), eventuali cure mediche. Le prefetture del Sud, prossime ai luoghi d'approdo, sono all'opera per preparare gestione e operazioni di supporto agli arrivi. Identificazione, pronto sostentamento, sistemazione, alloggio e infine trasporto dagli hub dove, in tempi di 2 o 3 mesi, gli stranieri verranno dirottati nei diversi centri. Ed è qui infatti il piatto più sostanzioso: i primi soldi sono pronti per andare dritti nelle tasche di quelle onlus e quelle coop che ogni anno diventano più ricche a spese dello stato. I 2.400 posti del Cara di Mineo costeranno 50 milioni che verranno spartiti in lotti tra la cooperativa La Cascina di Roma, il Cns di Bologna e il Gus marchigiano per vitto, servizi di pulizia e assistenza in genere. Altri 1.170 posti sono stati già reperiti ad Agrigento per 30 milioni. L'hotspot di Milo in provincia di Trapani ospiterà 400 migranti per 15 milioni annui, quello di Palermo 500 (15,5 milioni) mentre a Pozzallo, in provincia di Ragusa, 1.350 posti costeranno 17,2 milioni. A Enna altri 550 posti (23 milioni), a Messina 250 (11 milioni). In Calabria la parte del leone la recita il Cara di Crotone con 1.216 posti (60 milioni) gestito dalla Miser.

Icr di Capo Rizzuto, in Puglia sarà Taranto a fare il pieno di arrivi: 1.812 posti per 21 milioni e mezzo. E siamo solo ai preventivi, non si esclude che da qui a fine anno il modello standard possa essere sottoposto a modifiche.

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