"Il Covid non esiste" per 3 milioni di italiani. Più superstiziosi e complottisti dopo la pandemia

Cittadini sempre più propensi a credere a pregiudizi antiscientifci e teoria infondate. Il rapporto Censis: a causare la fuga nell'irrazionale insodisfazione e bassa crescita economica. I ragazzi più vulnerabili.

"Il Covid non esiste" per 3 milioni di italiani. Più superstiziosi e complottisti dopo la pandemia

Al secondo anno di pandemia, l'irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale e gli italiani si ritrovano più poveri, vulnerabili e pessimisti. Le argomentazioni antiscientifiche dei No vax e le posizioni scettiche individuali, che infiammano da mesi le piazze e che hanno conquistato i social network, fanno ormai parte della società e in quanto tali sono state fotografate dal 55° rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese. Un Paese con sempre più famiglie in difficoltà economica e diffuse forme di depressione, soprattutto tra i giovani.

Si osserva un'irragionevole disponibilità a credere a superstizioni premoderne, pregiudizi antiscientifici, teorie infondate e speculazioni complottiste. Per il 5,9% degli italiani, circa 3 milioni di persone, il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile ed inefficace e per il 12,7% la scienza produce più danni che benefici. Ma c'è anche chi, il 31,4%, ritiene che il vaccino sia un farmaco sperimentale e le persone che si immunizzano facciano da cavie. L'irrazionale corre anche oltre il Covid e sfocia nel negazionismo storico-scientifico, con il 5,8% degli italiani convinto che la Terra sia piatta e il 10% che l'uomo non sia mai sbarcato sulla luna, e nelle tecno-fobie, con il 19,9% che ritiene il 5G uno strumento sofisticato utile per controllare le persone. Soprattutto per il 67,1% esiste uno «Stato profondo»: il potere reale è cioè concentrato, in modo non pienamente democratico, nelle mani di un gruppo ristretto di potenti, composto da comitati d'affari. Le multinazionali sono per il 64,4% responsabili di tutto quello che ci accade. Il rapporto registra di fatto un rifiuto dei discorsi razionali e degli strumenti con cui in passato abbiamo costruito il progresso e il nostro benessere: la scienza, la medicina, i farmaci, le innovazioni tecnologiche. Per il Censis tutto ciò dipende dal decrescente rendimento degli investimenti sociali. La bassa crescita economica e la diffusa insoddisfazione porta alla ricusazione del paradigma razionale: la fuga nell'irrazionale è dunque l'esito di aspettative soggettive insoddisfatte.

Nel primo anno di emergenza Covid c'è stato un boom della povertà, soprattutto al Nord (+131,4%). «Nel 2020 - si legge nel report - 2 milioni di famiglie vivono in povertà assoluta». Il 65% di queste risiede al Nord, il 21% nel Mezzogiorno, il 14% al Centro. E solo il 15,2% ritiene che dopo la pandemia la propria situazione economica sarà migliore. Per la maggioranza (il 56,4%) resterà uguale e per un consistente 28,4% peggiorerà. Durante l'epidemia 421mila donne hanno perso o non hanno trovato lavoro. Mentre il 52,9% delle donne occupate si è dovuto sobbarcare un carico aggiuntivo di stress, fatica e impegno nel lavoro e nella vita familiare. Oltre ad accontentarsi di retribuzioni nettamente più basse di quelle dei colleghi maschi (-18%).

Il Covid ha accentuato il senso di vulnerabilità degli italiani, il 40,3% dei quali si sente insicuro pensando alla salute e alla futura necessità di dover ricorrere a prestazioni sanitarie. Il disagio sociale si è materializzato anche nel rapporto non sempre facile con il digitale, sperimentato per il ricorso allo smartworking e alla dad, da quote significative della popolazione. Il 35,2% degli studenti degli ultimi anni delle superiori e dell'università ha avuto difficoltà nella formazione a distanza e anche l'11% degli occupati alle prese con le proprie attività lavorative in versione digitale. Il 60,7% degli italiani ritiene che, in assenza di interventi adeguati, il digitale aumenterà le disuguaglianze tra le persone.

Il prolungato periodo di pandemia ha provocato anche dal punto di vista psicologico effetti collaterali non indifferenti tra gli studenti, sempre più vittime di forme di depressione e disagio esistenziale, così come evidenziato dalla maggior parte dei dirigenti scolastici (l'81,0%) interpellati dal Censis. Per il 76,8% i ragazzi vivono in una fase di sospensione, senza disporre di prospettive chiare per i loro progetti di vita. Provati da due anni di pandemia, i giovani hanno poche certezze rispetto al proprio futuro e sono disorientati. Il Censis registra anche un calo delle nascite soprattutto in quei territori dove il virus ha circolato di più (-5,5% in Lombardia).

L'emergenza ha intaccato la

fiducia nella ripresa. Ma ora, per il Censis, è tempo di ricostruire. Con una coscienza collettiva, capace di guardare dall'alto e lontano quel che la società chiede o attua. La società potrà riprendersi, ma serve un progetto.

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