"A noi collaboratori non ci hanno mai fatto un tampone". Crescono i contagi nel Paese e, dopo i recenti casi di positività al Covid-19 di alcuni parlamentari, cresce la paura all'interno del 'Palazzo' anche tra coloro che un tempo venivano chiamati "portaborse".
"Ai deputati i tamponi li fanno, noi collaboratori possiamo pure morì. Nessuno mi ha chiesto se ho avuto contatti", ci dicono a registratori spenti . "All'ingresso c'è un termoscanner per un primo controllo. Una volta entrati, ci misurano la temperatura una seconda volta con un termometro elettronico e, poi, finisce lì", spiega un altro 'abitante del Palazzo'. È questa l'espressione che in gergo parlamentare viene usata per indicare i collaboratori parlamentari, i funzionari e tutto il resto del personale che lavora all'interno della Camera e del Senato: dai commessi ai barbieri, passando per gli inservienti. Centinaia di persone che ogni giorno entrano ed escono da Montecitorio e da Palazzo Madama. Periodicamente tutte queste persone vengono invitate a sottoporsi ai test sierologici su base volontaria e, in caso di positività, fanno anche il tampone. "Ma è sufficiente uno screening di questo tipo una volta ogni due mesi?", si chiede un portavoce di un parlamentare che, ovviamente, ci chiede di mantenere l'anonimato.
E, intanto, il coronavirus si fa strada all'interno della Camera. Dopo il caso dell'ex ministro Beatrice Lorenzin, sono risultati positivi anche i deputati Massimo Ungaro di Italia Viva e Luca Pastorino di LeU. "Ho fatto il tampone sabato mattina perché venerdì sera verso le 23,30 mi hanno avvisato dalla Camera che Ungaro, mio collega in commissione Finanze, era positivo", dice quest'ultimo a ilGiornale.it, mentre si trova in isolamento nella sua casa di Bogliasco. "Sono risultato positivo a bassa intensità. Non ho nulla, manco la tosse, però la quarantena scatta lo stesso", aggiunge Pastorino che è convinto di non essere stato contagiato dal collega renziano dal momento che le occasioni di contagio, per un parlamentare, sono molteplici. "Non è Ungaro la causa della mia positività perché io non l’ho incrociato nemmeno per sbaglio", afferma con una certa sicurezza ricordando che, in questi ultimi mesi, ha viaggiato e incontrato molte persone per via della campagna elettorale che ha coinvolto la Liguria. "È un attimo contagiarsi. Magari mi passano un microfono dove ha parlato un altro prima. È molto complicato capire dove e come si è stati contagiati", osserva Pastorino.
Al momento sono quattro i deputati che si trovano in autoisolamento fiduciario per essere stati in contatto con lui. Si tratta di Guglielmo Epifani, Nico Stumpo e Nicola Fratoianni di LeU e del piddino Marco Minniti. Il coronavirus, infatti, non guarda in faccia a nessuno e colpisce anche la cosiddettta 'kasta'. “Il virus non è dentro il Palazzo. È dentro l’Italia e, quindi, sta pure dentro il Palazzo...”, è l'amaro commento del vicepresidente della Camera Ettore Rosato. "Una volta che è entrato, è ovvio che gira. Se non è oggi, arriva domani. In ogni quartiere di Roma ci sono una o due scuole con classi in quarantena. Se fai il tampone oggi, probabile che sei negativo e magari domani sei positivo", dice il renziano Michele Anzaldi che, sebbene condivida la stanza con il deputato Ungaro, non è stato obbligato a fare il tampone. "Non vedo Ungaro da settimane e, poi, in quella stanza non ci vado mai". "La stanza - spiega ancora Anzaldi - ha senso per chi è di fuori Roma, ma io vado a casa a lavorare".
D'Altronde le occasioni di 'assembramenti' sono state ridotte ai minimi sia alla Camera sia al Senato. Il Transatlantico è stato occupato dalle postazioni riservate ai parlamentari e le riunioni dei gruppi si fanno prevalentemente online. La bouvette è stata chiusa, mentre l'ingresso alla mensa è contingentato. Lo smart working è stato incentivato, ma come abbiamo vista, la paura tra il personale resta. Per quanto riguarda il tracciamento ci viene spiegato che la Camera adotta le linee guida di riferimento nazionali. Dall'ufficio di presidenza ci fanno sapere che Montecitorio collabora con le autorità sanitarie per ricostruire la catena dei contatti all’interno delle Istituzioni. Non sono previsti tamponi a tappeto su tutti i deputati né su coloro che appartengono allo stesso gruppo parlamentare. Sono avvisati solo i parlamentari, i funzionari e i collaboratori che hanno avuto contatti diretti con “il positivo”.
Ma quello del coronavirus tra i parlamentari è anche un problema istituzionale. Il deputato Pd Stefano Ceccanti sta raccogliendo le firme per fare in modo che i colleghi colpiti dal coronavirus possano partecipare alle sedute da remoto. "Ora i contagiati sono pochi, ma cosa succede andando avanti? La situazione sicuramente peggiorerà nelle prossime settimane", ci dice con una certa preoccupazione. "Per ora è stato trovato un rimedio pragmatico che consiste nel mettere in missione quelli che sono impediti a partecipare e questo risolve il problema del numero legale. Ma cosa succede se si ammalano molti più parlamentari di maggioranza e opposizioni? In quel caso i rapporti di forza si ribalterebbero", osserva Ceccanti che ricorda come, per alcune votazioni, siano necessarie le maggioranze qualificate. Basti pensare alle riforme costituzionali o al voto sull’autorizzazione all’indebitamento per il quale, in base all’articolo 81 è prevista la maggioranza assoluta.
"Sull’indebitamento si sta cercando di convincere i 'gruppi cerniera' a votare a favore del provvedimento per evitare che succeda un casino. Siamo sempre nell’ambito di espedienti e non delle soluzioni", conclude Ceccanti.
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