Due domandine, quelle finali, in un’intervista apparentemente innocua potrebbero riaprire un capitolo che per Roberto Speranza appariva quasi chiuso. Piano pandemico, Covid, decisioni assunte in quel lontano gennaio del 2020. A parlare al Corsera è Ranieri Guerra, ex direttore della Prevenzione tra il 2014 e il 2017, poi inviato a Roma all’inizio della pandemia per fare da collegamento tra il ministero e l’Oms. “Chi sostiene che l’Italia ha affrontato il Covid senza un piano mente - è l’atto di accusa - All’inizio del 2020 un piano c’era, era pienamente valido e conteneva azioni di preparazione e contenimento sempre efficaci, universali”.
La tesi di Speranza
Quella di Guerra è una logica, e legittima, difesa personale anche a fronte dell’inchiesta aperta dalla procura di Bergamo che lo vede indagato per false informazioni rese ai pm. Ma le sue affermazioni fanno a pugni con quanto riferito lo scorso aprile dal ministro della Salute al Senato. Piccolo riassunto: col coronavirus l’Italia scopre di avere un piano pandemico fermo al 2006 quando - secondo le linee guida dell’Oms e la decisione Ue del 2013 - avremmo dovuto rivederlo strada facendo. Per Speranza il mancato aggiornamento riguarda “un lungo periodo in cui ci sono stati 7 governi”, sostenuti a turno da tutti i partiti oggi in Parlamento. Ed è vero. Il punto però è capire, e lo sta cercando di fare anche la procura di Bergamo, per quale motivo il piano pandemico - benché obsoleto - sia stato “scartato” all’inizio dell’incubo Covid. Per il ministro quello odierno è un “virus “totalmente nuovo”, diverso per caratteristiche sia da quelli influenzali che dai parenti più stretti (Sars, Mers), e dunque era “del tutto evidente che il Piano pandemico antinfluenzale del 2006 non era sufficiente”. Per questo il documento sarebbe stato “valorizzato” solo nelle parti “utili e funzionali”, per poi cercare di “andare decisamente oltre”.
"Si è navigato a vista"
Ma il “vecchio” piano era davvero così inutile? Non tutti concordano. Primo: l’Oms il 5 gennaio inviò un alert ai Paesi membri suggerendo di mettere in pratica le misure di sanità pubblica e quelle sulla sorveglianza dell’influenza. Il Belpaese lo fece? Secondo: il 29 gennaio, un mese prima di Codogno, durante una delle riunioni della task force ministeriale, il direttore dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito, suggerì di “riferirsi alle metodologie del piano pandemico di cui è dotata l’Italia e di adeguarle alle linee guida appena rese pubbliche dall’Oms”. Se era “insufficiente”, come ritiene Speranza, perché Ippolito avrebbe dovuto chiederne l’applicazione? Terzo: a gennaio 2021 la procura orobica ha interrogato alcuni dirigenti e tecnici del ministero della Salute secondo cui, come riporta l'Ansa, si è “navigato a vista” giocando “sul fatto che non si trattava di influenza ma di un virus proveniente dalla Cina di cui poco si sapeva”. Anche Claudio D’Amario, ex direttore generale della prevenzione, ha confermato in un'intervista che “quel piano non è scattato dopo le prime avvisaglie” preferendo proporre “uno studio per fare un piano Covid dedicato a questo nuovo tipo di pandemia”.
L'atto di accusa di Guerra
Ed è qui che le dichiarazioni odierne di Guerra diventano esplosive. E se non fosse vero che, come ritiene Speranza, il piano pandemico era "non sufficiente"? E se scoprissimo che il dossier, benché vecchio, se applicato avrebbe potuto salvare delle vite e impedire il rapido propagarsi dell'epidemia? “All’inizio del 2020 un piano c’era, era pienamente valido e conteneva azioni di preparazione e contenimento sempre efficaci, universali”. Tra le altre cose, “prescriveva la moratoria delle manifestazioni di massa”. “Perché non venne applicato e si lasciò disputare il 19 febbraio 2020, a 3 settimane dalla dichiarazione dello stato d’emergenza, la partita Atalanta-Valencia con 36mila tifosi? - si chiede Guerra - Sarebbe inoltre stato possibile acquistare mascherine anziché donarle alla Cina, mettere in sicurezza le Rsa e gli ospedali”. Un atto di accusa non indifferente verso chi in quelle ore sedeva al ministero della Salute, che per i legali dei familiari delle vittime suonano come “un'ammissione esplicita delle responsabilità istituzionali”.
“Le dichiarazioni di Guerra - scrivono in una nota Consuelo Locati, Giovanni Benedetto, Piero Pasini, Alessandro Pedone e Luca Berni - confermano quanto emerso dalle 3000 pagine di documenti da noi riversati nel procedimento civile presso il Tribunale di Roma, avanti a cui abbiamo chiamato in giudizio tra gli altri, anche il Ministero della Salute. Proprio l'ex direttore della Prevenzione ammette sia che il piano pandemico andava aggiornato sia che andava attivato. E non è stata fatta né l'una né l'altra cosa”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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