Superato lo scoglio della manovra, per l'Italia sarà il tempo della quiete. Almeno transitoria. Perché le previsioni per il 2023 non sono catastrofiche, anzi, per i prossimi mesi dal punto di vista economico non ci dovrebbero essere scossoni e il Pnrr e l'accordo raggiunto sul price cap dovrebbero porre le basi per il prossimo rimbalzo. Per queste ragioni, adesso è fondamentale lavorare per rilanciare il paese e per fronteggiare le grane dell'inflazione e delle dinamiche globali.
In questo contesto, l'Italia, secondo l'Istat, chiuderà il 2022 con un +3,9% rispetto all'anno scorso, mente il governo a settembre aveva fissato la crescita a +3,3%. Per il prossimo anno, invece, si prevede un +0,4%, ma potrebbe verificarsi anche un risultato migliore di queste previsioni anche se l'inflazione è data al 5,4 per cento.
Entro la fine dell'anno il Senato approverà in via definitiva la prima manovra finanziaria del governo Meloni. Una manovra «prudente e limitata», focalizzata cioè solo su alcune misure «ma, francamente, - dice l'economista dell'Istituto Bruno Leoni, Nicola Rossi - non penso che ci dovrebbe essere molto di più anche perché è sbagliato pensare che la crescita la faccia il bilancio pubblico». L'economista Giulio Sapelli, invece, considera la finanziaria sostanzialmente in continuità con Draghi, ma giudica positivamente sia l'attenzione data alle piccole e medie imprese sia «il ritorno a un'economia pubblica che è una cosa diversa al ritorno di uno Stato nell'economia». Per l'Italia «sarà profetizza - un 2023 di resistenza alla recessione internazionale e di posizionamento delle basi di una ripresa». La principale arma per il nostro Paese saranno i fondi del Pnrr che, secondo Rossi, incideranno solo nella misura in cui «contribuiranno a cambiare il tasso di crescita di lungo periodo». La speranza, infatti, non è tanto che tali fondi producano un aumento del Pil immediato e congiunturale, ma che la crescita salga di un punto o un punto e mezzo nei prossimi anni così da allinearla a quella degli altri Paesi europei. «Se questo non avverrà, col debito che ci troviamo sulle spalle, avremo dei problemi molto seri», ammonisce Rossi. Secondo Sapelli, invece, tutto dipenderà dalle autonomie locali: «Bisogna ricostruire dice - lo Stato a cominciare dalla reintroduzione delle province e dall'eliminazione delle regole dell'austerità per i Comuni che devono poter reintrodurre le gestioni in house».
Le maggiori incertezze riguardano quello che succederà a livello globale. A partire dalla crisi energetica. Per Sapelli infatti, «al di là degli impatti che effettivamente registreremo, il price cap è un qualcosa che comunque andava fatto». Tanto che, come concorda anche Rossi, non si intravede una immediata fine della crisi energetica dal momento che le risposte della Russia non sono ancora del tutto prevedibili.
Altro fattore destabilizzante è la Cina, a detta di Rossi, anello debole dell'economia globale. Il Dragone dopo decenni di crescita, vivrà un periodo di inevitabile recessione: la flessione di Pechino «causerà problemi non piccoli anche per il resto del mondo», conclude Rossi.
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