La Crimea russa e Kiev mai nella Nato: la mezza vittoria porta lo Zar al tavolo

La delegazione Usa ha strappato il sì dei volenterosi a due richieste russe. Così Mosca non irrita Trump

La Crimea russa e Kiev mai nella Nato: la mezza vittoria porta lo Zar al tavolo
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«Mi aspetterei un po' di entusiasmo da entrambe le parti nel cercare di farla finita». Così mugugnava nel venerdì di Pasqua un Donald Trump corrucciato per gli indugi frapposti dal Cremlino, e in parte anche da Kiev, alle sue proposte di negoziato. Mugugni resi più espliciti dall'uscita con cui il Segretario di Stato Marco Rubio minacciava un disimpegno americano dai negoziati sull'Ucraina se Kiev, e soprattutto Mosca, non si fossero dimostrate più collaborative. Neanche cinque giorni dopo l'entusiasmo è invece miracolosamente sbocciato.

Tra lunedì sera e ieri Vladimir Putin e il suo portavoce Dmitry Peskov si sono detti pronti a negoziati diretti con l'Ucraina e a intraprendere iniziative per limitare le perdite di civili. «Abbiamo un atteggiamento positivo riguardo a un cessate il fuoco e, come abbiamo sempre detto, siamo disponibili a ogni iniziativa di pace» ha spiegato Putin. In verità la «disponibilità» del presidente russo si era dissolta fin dal marzo 2022, ovvero dalla conclusione a Istanbul del primo e ultimo negoziato diretto con Kiev. Ma dietro l'entusiasmo - o almeno l'inedita apertura dell'uomo del Cremlino - non ci sono solo le minacce più o meno velate di Rubio e di The Donald. Dietro c'è soprattutto la sorpresa trovata nell'uovo di Pasqua confezionato per lui durante il vertice di venerdì scorso a Parigi. Un vertice assai riservato a cui hanno partecipato il presidente francese Emmanuel Macron, il segretario di Stato Usa Marc Rubio, l'inviato della Casa Bianca Steve Witkoff, il ministro degli Esteri britannico David Lammy, qualche funzionario tedesco e alcuni ministri ucraini. Un vertice in cui gli americani hanno convinto Parigi e Londra, fin qui portabandiera dei cosiddetti «volonterosi», a fare carne di porco delle posizioni sostenute da Kiev d'intesa con Berlino e gli altri «alleati» europei. Il vertice ospitato da Macron, ma guidato da Witkoff e Rubio, ha finito con il soddisfare le due principali pretese avanzate da Putin sin dal 2014. La prima riguarda la Crimea, la seconda l'entrata nella Nato.

Contraddicendo tutte le promesse e gli impegni degli ultimi undici anni Macron e compagnia hanno accettato di riconoscere l'annessione «de iure» della Crimea e di cancellare tutte le promessa sulla futura entrata di Kiev nella Nato. Una cancellazione confermata domenica dall'inviato americano in Ucraina Keith Kellogg pronto a ribadire in un'intervista a Fox News che «la Nato non è sul tavolo». La cosa più incredibile è come Macron e compagnia siano riusciti a far ingoiare il rospo alla delegazione ucraina. Rospo che oggi dovrà venire fatto digerire anche al presidente Volodymyr Zelensky atteso a Londra per partecipare a una replica dell'incontro di Parigi.

Vladimir Putin dunque ha ottime ragioni per dirsi non solo disponibile, ma persino entusiasta. Se a Londra oggi Zelensky accetterà il diktat degli Usa e dei cosiddetti «alleati» europei lui potrà legittimamente dire di aver vinto senza neppure trattare.

Cancellare il sogno ucraino della Nato e annettersi la Crimea equivale a intascare due degli obiettivi promessi nel febbraio 2022. E con essi mezza vittoria. Perché - come tutti sanno - il negoziato difficilmente restituirà all'Ucraina i territori delle regioni di Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson persi prima e dopo il 2022.

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