Crisi, sussidio e imprese. L'aria da autunno caldo fa tremare l'esecutivo

Tensione sulle delocalizzazioni, "no" di Lega e Forza Italia alle sanzioni per chi va via

Crisi, sussidio e imprese. L'aria da autunno caldo fa tremare l'esecutivo

Delocalizzazioni, reddito di cittadinanza, crisi aziendali. Quello che doveva essere l'autunno della ripartenza dopo la crisi del Covid rischia di diventare un test sulla tenuta della maggioranza che sostiene il governo guidato da Mario Draghi. Proprio sui temi legati al lavoro potrebbe manifestarsi la difficoltà di tenere insieme approcci così diversi tra loro. E c'è il pericolo che la velocità della ripresa sia frenata da lunghe - ma inevitabili in un esecutivo di larghe intese - mediazioni politiche tra i partiti che appoggiano Draghi. Un esempio del clima politico che si respira in questa fine di agosto è dato dal dibattito sul Dl Delocalizzazioni. Una bozza, su cui stanno lavorando il viceministro dello Sviluppo Economico Alessandra Todde del M5s e il ministro del Lavoro Andrea Orlando del Pd, ma che ha già fatto esplodere un dibattito a suon di polemiche in maggioranza. Lo schema del decreto legge è composto da cinque articoli e i punti che stanno facendo più discutere sono due: le multe e l'ipotesi di una black list. Orlando e Todde lavorano a una sanzione per chi delocalizza pari al 2% del fatturato dell'ultimo esercizio e si parla di una lista nera per le aziende che chiudono senza rispettare i termini della legge. Chi entra nella black list, per tre anni non potrà accedere a finanziamenti e incentivi e usufruire di ammortizzatori sociali.

Prevedibili, a questo punto, le perplessità del centrodestra. Dal Meeting di Rimini torna sull'argomento il segretario della Lega Matteo Salvini. «In linea di principio, io sono d'accordo che chi chiude e licenzia in Italia per aprire altrove deve dare spiegazioni e restituire fondi pubblici eventualmente ottenuti - dice a margine dell'incontro con gli altri leader di partito - però le imprese italiane, in questo momento, devono essere lasciate libere di correre, di espandere, di assumere e di crescere». Insomma, difficile che il provvedimento arrivi così com'è in Consiglio dei ministri tra fine mese e inizio settembre. Per l'autunno il Carroccio lancia già una controproposta. «Un progetto della Lega sul finanziamento alle imprese che hanno aperto all'estero per chiudere all'estero e rilocalizzare in Italia e ri-assumere in Italia con dei vantaggi fiscali, perché il problema è lasciare le imprese libere di lavorare», anticipa Salvini. Preoccupazioni che si sommano a quelle espresse dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi.

Dal Meeting emerge l'immagine di un centrodestra di governo compatto. Il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani rilancia sulla necessità che le imprese lavorino senza impedimenti. «Se c'è qualcuno che si è battuto contro la delocalizzazione sono io - dice durante il dibattito con tutti i leader -: mi hanno intitolato una strada in Spagna perché ho convinto, attraverso la politica industriale, una multinazionale americana a non fuggire dall'Europa, non ponendo paletti a chi non riesce a sopravvivere qua». Gilberto Pichetto, azzurro viceministro del Mise, in un'intervista al Messaggero auspica «un ragionamento più ampio», tenendo presente che le regole di Orlando e Todde «non risolvono nulla».

Posizioni che stridono con quelle del Pd. Al Nazareno infatti sono decisi a battagliare sul lavoro. Il vicesegretario Peppe Provenzano, anima più di sinistra dei dem, ha già annunciato una campagna sul tema. Dalla responsabilità sociale per le multinazionali agli ammortizzatori sociali. Da Rimini però il segretario del Pd Enrico Letta tenta di ammorbidire il dibattito. «Sono convinto che il governo troverà la giusta sintesi nel rapporto con le parti sociali, alle imprese dico fidatevi del governo», spiega Letta. Per poi rassicurare: «Non c'è nessun intento punitivo nei confronti delle imprese». Il Dl delocalizzazioni «non è punitivo in alcun modo» ripete ancora Todde. Ma l'immagine plastica delle distanze tra centrodestra e giallorossi sulle politiche sociali ci è offerta anche dalle ultime scaramucce sul reddito di cittadinanza.

Al Meeting Salvini minaccia i Cinque stelle: «C'è una maggioranza per rivederlo». Il leader del M5s Giuseppe Conte reagisce gesticolando e accusa la Lega: «L'inclusione sociale non è tra i vostri valori». L'autunno caldo passerà anche dal sussidio grillino.

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