La cura dei beni italiani? È nelle mani delle donne

Restauratrici, archeologhe e storiche dell'arte: rappresentano il 70% degli addetti ai lavori

La cura dei beni italiani? È nelle mani delle donne

Dal 1974 ad oggi, in Italia, si sono avvicendati ventisei ministri della Cultura. Per tre volte si è trattato di Dario Franceschini, solo per due, di donne: Vincenza Bono dal 1988 al 1989 e Giovanna Melandri dal 1998 al 2001. Sull'operato del Ministero, nel corso degli anni, ci sono state (anche) polemiche e insoddisfazioni, mentre oggi viene fuori che uno dei lavori più concreti che allo stesso Ministero fa capo, è saldamente nelle mani di donne estremamente competenti.

Dietro le quinte, ad accudire, a ripristinare, ad aggiustare (quello che spesso sono gli uomini a sfasciare), ci sono soprattutto donne. Un nutrito esercito di restauratrici, archeologhe, storiche dell'arte, antropologhe e architette. Sono loro a prendersi cura dello sterminato patrimonio culturale del nostro Paese. Secondo i calcoli del ministero della Cultura si tratterebbe del settanta per cento degli addetti ai lavori. Dagli studi e gli interventi delicatissimi fatti negli ultimi cinquant'anni per i Bronzi di Riace, al restauro del busto in bronzo di Cosimo dè Medici di Cellini, orgoglio del Bargello; dai progetti portati avanti dai laboratori di Pompei a quelli della soprintendenza per l'archeologia subacquea o al nuovissimo Museo dell'arte salvata appena aperto a Roma, passando per la Venaria, il Parco del Colosseo, il Museo delle Civiltà. Tutto ciò che c'è di più prezioso in Italia è passato per abilissime, capaci mani femminili. Ora al loro lavoro verrà dedicato un podcast in otto puntate (voluto dal ministero della Cultura, dalla direzione Musei del Mic e realizzato con Chora).

Si tratta di un tuffo nella complessità e nella meraviglia delle sfide che ogni giorno devono essere affrontate per garantire che tanta ricchezza possa essere conservata e tramandata. Un viaggio nel dietro le quinte di musei e parchi archeologici, con la voce delle tante donne che se ne occupano oggi o che ne hanno avuto la gestione in momenti difficili, come è stato per Elena Lattanzi, l'archeologa che nel 1981 fu mandata nel Museo di Reggio Calabria ad occuparsi dei Bronzi a pochi anni dal loro fortunoso ritrovamento. O per Simonetta Bonomi, che dal 2009 alla guida della soprintendenza calabrese, ha dovuto lottare perché i nuovi interventi di restauro venissero fatti sul posto, evitando a quelle fragilissime statue un traumatico, viaggio.

«La bellezza è negli occhi di chi la guarda», dice citando Goethe Mia Ceran, che di questi racconti è la voce narrante, «Ma nel nostro caso è anche nelle mani di chi fa, di chi si prende cura».

Scritto, ovviamente, da due donne, Michela Guberti e Francesca Borghetti, questo racconto per voci che da settembre vedrà uscire una puntata ogni settimana, prende il via, a mezzo secolo dal loro ritrovamento nel mare di Riace, proprio dai celeberrimi bronzi. E dei due monumentali guerrieri, forse ricostruisce avventure e segreti andando alla fonte delle notizie e dei ricordi delle tante protagoniste che si sono passate il testimone della ricerca e dell'impegno.

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