Le celebrazioni del D-Day, nell'80esimo anniversario dello sbarco degli Alleati in Normandia, si sono trasformate, com'era del resto nelle previsioni, in un parallelismo con le vicende dell'Ucraina. Il denominatore comune tra Europa, dittature e liberazione, così come la presenza dei leader mondiali, ha spostato in larga parte i riflettori sul braccio di ferro (armato) tra Mosca e Kiev. Non è un caso che nel documento prodotto dai Paesi riuniti in Francia venga sottolineata «l'incrollabile determinazione a sostenere l'Ucraina nella sua autodifesa dalla guerra di aggressione russa - per tutto il tempo che sarà necessario - e a ripristinare la pace in Europa».
Al tributo hanno partecipato 5mila persone, 250 veterani della Seconda Guerra Mondiale e 25 capi di Stato e di governo, a partire dal padrone di casa, il presidente francese Macron, quello Usa Biden (in visita in Francia fino a domenica), il premier canadese Trudeau, re Carlo III, il cancelliere tedesco Scholz e il presidente della Repubblica italiana Mattarella. La Russia non è stata invitata. Per la sicurezza è stato dispiegato un sistema eccezionale composto da 43mila tra agenti di polizia, gendarmi, vigili del fuoco e soldati.
«L'insegnamento di ciò che si è giocato qui, è che l'unione fa la forza, e valori come libertà e democrazia sono imprescindibili», ha spiegato il premier francese Attal, lanciando un assist a Zelensky, accolto assieme alla moglie Olena dal presidente Macron a Omaha Beach, per la cerimonia più importante. Il presidente ucraino nel suo discorso ha ricordato che «gli Alleati difesero la libertà dell'Europa esattamente come i miei connazionali stanno facendo oggi». Biden è stato ancora più incisivo, sottolineando il rischio di un vuoto democratico che ricalca quello vissuto ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. «Abbiamo dimostrato che la libertà è più forte della tirannia (...) Non distoglieremo lo sguardo dall'Ucraina. Se distogliamo lo sguardo, l'Ucraina cadrà sotto il dominio russo, e poi cadrà anche tutta l'Europa». Anche Macron - che ha annunciato l'intenzione di fornire gli aerei Mirage di ultima generazione, addestrare i piloti di Kiev e di formare una «brigate francese» di 4.500 soldati ucraini - si è soffermato sui punti di convergenza tra D-Day e Ucraina. «Oggi siamo tutti dei figli dello sbarco. Dinanzi al ritorno della guerra nel nostro continente, di fronte alla rimessa in questione di tutto ciò per cui gli eroi dello sbarco si sono battuti, a chi vorrebbe spostare le frontiere o riscrivere la storia, dobbiamo essere degni di chi ha combattuto qui. La libertà è una lotta che va affrontata ogni mattina».
Nel documento finale c'è il condensato di un'alleanza più unita che mai, consapevole, grazie alla ricorrenza del 6 giugno, che «la pace non è eterna e che la sicurezza non è scontata» e pure che «gli sforzi per rafforzare la nostra difesa comune e la nostra azione di deterrenza sono quanto mai necessari». Per questo gli alleati, «consapevoli che c'è ancora molto da fare», riaffermano «la centralità della Nato per la sicurezza europea e l'importanza di una difesa europea più solida e capace, in grado di contribuire positivamente alla sicurezza globale e transatlantica.
E tornano alla minaccia russa e al caso Ucraina ricordando la lezione del passato e il contributo cruciale dei soldati alleati che sbarcarono in Normandia: «Fu una vittoria della libertà e di tutti i principi che ci sono cari, che costituiscono le fondamenta del nostro ordine globale e che oggi sono nuovamente minacciati. Nel commemorare il loro coraggio, ricordiamo anche il nostro dovere storico di proteggere tali ideali».
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