Dai droni ai super F16. Com'è affollata la nuova guerra dei cieli

Velivoli senza pilota, missili, gioielli di tecnologia come il "Fighting Falcon" ambito da Kiev. Sono le armi del futuro. Che pongono inedite questioni etiche

Dai droni ai super F16. Com'è affollata la nuova guerra dei cieli

Si parla ormai di «dronizzazione» dei conflitti, e la guerra in Ucraina ha di gran lunga aumentato la percezione comune sull'impiego di questo nuovo (in realtà non proprio tale) sistema d'arma. Si è passati da un uso dei droni estremamente limitato e selettivo, tipico delle operazioni di «controguerriglia» in un contesto tipo Afghanistan, a quello massiccio, orientato principalmente a «saturare» le difese avversarie provocando un consumo di armi insostenibile per i sistemi di difesa aerea. Il tutto aggiunto all'asimmetria di un'arma, tanto invisibile quanto letale, capace di stravolgere completamente la vita e le abitudini delle potenziali vittime, e rendendo insicuro qualsiasi luogo, non solo sulla linea del fronte.

Ma se è così, se oggi le guerre sono guerre di droni e di missili, come si spiega l'impazienza e l'insistenza del presidente Zelensky per avere in linea, prima possibile, il maggior numero di velivoli da combattimento occidentali, a partire dai tanto decantati F16 Fighting Falcon? Molto semplicemente: anche il conflitto tra Russia e Ucraina ha mostrato che armamenti, equipaggiamenti, droni, velivoli e missili, pur se modernissimi, non riescono a fare la differenza, se non utilizzati in maniera corretta e bilanciata: il solo affidarsi a missili e droni, seppur con numeri importanti, non porta a risultati tangibili, come dimostrato ad esempio dal fallimentare attacco portato da parte dell'Iran, con centinaia tra droni e missili, ad Israele il 2 ottobre scorso, risultato del tutto inefficace.

Il fatto è che droni e i missili mancano di una delle caratteristiche fondamentali del potere aereo, che è tipica dei velivoli, e che li ha resi insostituibili «match winner» in ogni conflitto, ossia la flessibilità. Ed è proprio questo aspetto che aiuta a comprendere l'impazienza e l'insistenza di Zelensky.

Il velivolo F16 in particolare, pur appartenendo alla quarta generazione dei velivoli da combattimento (alcuni Paesi, come l'Italia, schierano già la quinta, con performance in termini di velocità, elettronica e armamento ancora più rilevanti), è in grado infatti di dare all'Ucraina ciò che sinora non ha mai avuto, e che la Russia non ha saputo sfruttare. In particolare, il Falcon è in grado di svolgere tutta una gamma di compiti fondamentali. Per prima cosa ha la possibilità, nel corso della missione, di cambiare modalità operativa. Il ruolo primario è quello di difesa aerea contro le minacce portate dai velivoli, ma anche dai missili e dai droni, per non parlare di una delle armi più efficaci recentemente messe in campo dai russi, ossia le gliding bombs, o bombe plananti. Queste bombe, che «planano» verso il bersaglio, sono molto difficili da contrastare: le ridotte dimensioni le rendono pressoché invisibili ai radar, a differenza dei droni, non emettono praticamente alcun rumore, e soprattutto, questa è la loro caratteristica più letale, sono sganciate dai velivoli russi in modalità «fire and forget» («spara e dimentica»), lasciando il velivolo che le trasporta fuori dal raggio dei sistemi missilistici di difesa aerea ucraini.

Di fatto, quindi, le gliding bombs possono essere sganciate in totale sicurezza dai velivoli russi contro target in profondità. E questo è vero anche se le cosiddette FAB (Fugosnaja Aviacyonnaja Bomba) russe sono in realtà dei corpi bomba «stupidi» ai quali è stato applicato un sistema di guida satellitare che permette loro di dirigersi autonomamente verso il bersaglio.

La maniera più efficace per neutralizzarle è proprio quella di usare gli F16, colpendo con i missili aria/aria in dotazione, il velivolo lanciatore prima dello sgancio. Inoltre, in caso di necessità, gli F 16 possono anche essere reimpiegati in volo, con compiti di attacco al suolo e di protezione delle truppe che si dovessero trovare in situazione difficile. Altra capacità essenziale è quella di poter operare in un ambiente elettronico degradato (in cui i sistemi di comunicazione non funzionano più). Gli F16, hanno a bordo diversi sistemi indipendenti che, uniti alle capacità del pilota, consentono ai velivoli di essere efficace anche in situazioni in cui i droni avanzati ed i sistemi d'arma a guida satellitare non possono operare.

Ma la caratteristica più preziosa dei velivoli moderni è la loro capacità, imprescindibile per il successo in qualsiasi tipo di conflitto, di poter conseguire la cosiddetta «Superiorità aerea». In sintesi questa consiste nel conseguire un sufficiente grado di controllo del cielo in una determinata area e quindi, per estensione del concetto, anche del terreno sottostante alla porzione di spazio aereo in questione.

A questo si aggiunge la non trascurabile possibilità di colpire, in modo imprevedibile, ed in maniera molto più distruttiva di altri sistemi d'arma, il territorio russo in profondità, laddove il numero di obiettivi sensibili aumenta in maniera inversamente proporzionale alla possibilità di difenderli.

Detto questo, resta la svolta rappresentata dai droni. Con tutte le specificità di questo tipo d'arma.

Una loro dote fondamentale è per esempio la capacità di volare per periodi prolungati, fino a 24 ore, senza necessità di rifornimento in volo. Questa caratteristica ha portato a una vera e propria rivoluzione nel modo di concepire le operazioni aeree: da incursioni massicce di velivoli pilotati in territorio nemico, si è passati a missioni in cui i droni svolgono compiti chiave come la ricognizione, l'individuazione e l'attacco dei bersagli. Il risultato? Una minore esposizione dei piloti umani, che ora si mantengono a distanza di sicurezza.

I velivoli senza pilota hanno anche dimostrato di poter raggiungere obiettivi in profondità, fino a centinaia di chilometri di distanza, mettendo a dura prova le tradizionali difese aeree. Le forze russe e ucraine, ad esempio, si trovano a dover fronteggiare droni che volano a basse quote e a basse velocità, sfuggendo così ai radar e ai sistemi superficie-aria che danno il meglio di sè contro i velivoli pilotati. L'esempio più significativo è quello del «Corvo PPDS», realizzato in cartone e praticamente invisibile ai radar.

Ma non è solo una questione tecnologica: ci sono anche aspetti economici che non possono essere ignorati. Il drone iraniano Shahed 136, usato in Ucraina, ha un costo stimato tra i 20.000 e i 50.000 dollari. Cercare di abbatterlo richiede spesso l'impiego di missili molto più costosi, come il sistema Patriot americano: più di un milione di dollari per missile. È evidente, dunque, il forte squilibrio economico a favore degli aggressori.

È da notare, infine, che la svolta nei conflitti aerei legata all'uso generalizzato dei droni apre rilevanti questioni di carattere etico. Le cosiddette e tradizionali «regole d'ingaggio», cioè i principi che governano l'uso della forza in combattimento, vengono messi in discussione.

I droni «suicidi», per esempio, seguono rotte preimpostate e colpiscono obiettivi assegnati attraverso coordinate geografiche, senza alcuna capacità di valutare in tempo reale eventuali variabili impreviste, come la presenza di civili. La conseguenza è l'aumento del rischio di errori disastrosi: una volta lanciato, un drone non può certo distinguere tra un bersaglio militare o un gruppo di persone inermi.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica