La comunicazione «modello Grande Fratello» di Palazzo Chigi fa acqua da tutte le parti. E provoca più danni del Coronavirus. La gestione di un'emergenza sanitaria non è la partecipazione a un reality. Dall'inizio della fase calda dell'epidemia, il premier Giuseppe Conte e il portavoce Rocco Casalino non ne hanno beccata una. Collezionando errori e gaffe. È di ieri, invece, l'accusa del New York Times: «Venerdì lo staff di Conte propone un'intervista con il premier al NyTimes. A patto che le risposte siano scritte. Poi, ricevute le domande, rifiuta di rispondere». L'ultimo grossolano scivolone arriva sabato notte quando il premier decide lo stop per tutte le attività industriali non strategiche. Lo schema (dell'annuncio) ricalca il confessionale del Grande Fratello: Conte appare solo (senza giornalisti) in diretta Facebook (è la seconda volta) per diffondere un videomessaggio alla Nazione. Ancora una volta la comunicazione del governo giunge a tarda sera (orario in cui il Gf con le eliminazioni faceva registrare il picco di ascolti). E poi la lunga attesa prima della diretta di Conte: una mossa per far crescere i collegamenti alla pagina del presidente del Consiglio. È un colpo a effetto con l'obiettivo di occupare le pagine dei quotidiani. Perché il decreto non è stato firmato. Una strategia che fa infuriare tutti: maggioranza (Renzi), opposizione e stampa. Solo il ministro Dario Franceschini si immola in difesa di Conte. La critica più dura arriva dall'Ordine dei Giornalisti: «Chiediamo al premier di tenere conferenze stampa da remoto al fine di permettere ai giornalisti di porre domande». È il secondo incidente, in meno di 24 ore, per lo staff comunicazione di Palazzo Chigi.
Nel pomeriggio del 19 marzo circola l'indiscrezione dell'arrivo di nuove restrizioni (chiusura nel fine settimana o riduzioni degli orari) per le attività di supermercati. Risultato? File chilometriche e assembramenti all'esterno dei negozi di generi alimentari. Un film già visto nella serata del 7 marzo: le agenzie di stampa mettono in rete una bozza del decreto del presidente del Consiglio (non ancora firmato) che impone la quarantena per le Regioni del Nord e 11 province. Risultato? Scatta l'assalto ai treni per rientrare dalle famiglie nel Mezzogiorno. Stavolta la falla è enorme. Perché l'epidemia si sposta al Sud. Il premier scarica la colpa sui governatori (in possesso del testo). Ma è solo l'ennesima prova di una comunicazione che fa acqua da tutte le parti. Come nel caso dell'annuncio (prima smentito e poi confermato) sulla chiusura delle scuole. A Palazzo Chigi va in scena lo scontro tra il ministro della Scuola Lucia Azzolina e lo staff comunicazione del capo del governo. Ma il meglio di sé Conte e lo staff comunicazione lo danno nelle fasi iniziali dell'esplosione dell'emergenza Coronavirus in Italia. Cambiando continuamente posizione e generando confusione nell'opinione pubblica. Il 27 gennaio scorso il presidente del Consiglio Conte è ospite di Lilli Gruber al programma Otto e Mezzo. Coronavirus? «Siamo prontissimi. Abbiamo adottato tutti i protocolli». Il 21 febbraio arrivano i primi due casi in Italia (Codogno) di persone risultate positive al Coronavirus. Conte ancora una volta lancia segnali rassicuranti: «Nessun allarmismo». Passano poche ore e la strategia di Palazzo Chigi cambia radicalmente: Conte dà inizio alla personale maratona televisiva (in alcuni casi collegamenti dalla sede della Protezione Civile). È scattato l'ordine di Casalino: «Occupiamo le tv». Ignorando però di sortire un altro effetto: l'aumento della paura nella popolazione.
Finita? Il premier cambia ancora strategia: il 27 febbraio è a Napoli con Macron a mangiare babà.
Coronavirus? «Tutto sotto controllo». La macchina della propaganda si è inceppata. Al punto che oggi Conte si mostra solo per illustrare i provvedimenti del governo. E limitando le interviste (confezionate) ai quotidiani.
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