La rielezione di Trump alla Casa Bianca riaccenderà, nel 2025, la guerra dei dazi tra Europa e Stati Uniti? «L'Europa dovrà pagare un prezzo molto più grande», ha detto il neo presidente repubblicano, in uno degli ultimi comizi in Pennsylvania, annunciando la messa a terra del cosiddetto Trump reciprocal trade act, per imporre tariffe su tutti i prodotti importati negli Stati Uniti: il 10-20% per i prodotti Ue e il 60% per quelli che arrivano dalla Cina.
The Tariff Man si sa, idolatra il dazio (the greatest thing ever invented), ma un conto è la campagna elettorale e un altro l'applicazione concreta di politiche così impattanti che, come un boomerang, potrebbero avere ripercussioni sulla stessa economia Usa: secondo l'analisi della National Retail Federation, le mosse di Trump rischiano di costare ai consumatori americani 78 miliardi di dollari di spesa annuale.
Tuttavia, stando alle dichiarazioni del momento, l'Europa trema. E sono moltissimi i settori potenzialmente nel mirino: dall'auto (già in crisi), alla siderurgia, dai produttori di macchinari industriali, a quelli di prodotti chimici e di lusso. A rischio, per Goldman Sachs, un punto di Pil.
E l'Italia? Nel 2018, al tempo della prima elezione del tycoon, l'Italia aveva visto, per esempio, finire nel mirino, tra gli altri, formaggi (dal Parmigiano Reggiano al Grana padano), salumi e liquori. Il vino, più volte inserito nella lista nera, era riuscito a scamparla. Ma il made in Italy, e in particolare alimentare, moda, la meccanica, i liquori, la farmaceutica, restano col fiato sospeso. Secondo gli analisti, alzare di altri 10 punti i dazi sui 3mila prodotti che già oggi sono sottoposti a tariffe costerebbe alle imprese italiane circa 6 miliardi di dollari (5,4 miliardi in euro). «L'area Euro ha un avanzo commerciale importante nei confronti degli Usa. Quello americano è di 160 miliardi di dollari e la fetta più importante è dell'Italia e della Germania. Questi due paesi quindi saranno quelli più colpiti dai dazi europei», ha spiegato Gregorio De Felice, responsabile Intesa Sanpaolo Research Department. «È anche vero - aggiunge - che il rafforzamento del dollaro potrà attenuare l'impatto economico di eventuali dazi dando maggiori possibilità di esportare».
Più ottimista Giuseppe Sabella, direttore del think tank Oikonova, secondo cui «non avrebbe senso che effettivamente, e al di là degli annunci elettorali, gli Usa avviassero una guerra commerciale totale con l'Ue. Gli States hanno bisogno della Ue quanto l'Ue degli States, soprattutto sul fronte dell'innovazione e della difesa».
Concretamente le tariffe doganali bilaterali potrebbero essere introdotte attraverso ordini esecutivi, quindi già da febbraio, mentre le tariffe globali richiederanno probabilmente l'approvazione del Congresso.E quindi tempi più dilatati. E se oggi è ancora prematuro fare calcoli è bene ricordare che con il primo mandato Trump furono imposti dazi su 350 miliardi di euro di merci importate.
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