Rileggendo le previsioni sul clima e sul futuro del pianeta degli ultimi cinquant'anni, è una gara a chi la spara più grossa. Tra ipotesi sballate, teorie strampalate, scadenze che sembrano più citate a caso che frutto di analisi, emerge uno spaccato del catastrofismo climatico impietoso. Il risultato è una perdita di credibilità di molti climatologi che, a forza di gridare «al lupo, al lupo!», hanno finito per screditarsi.
Attualizzando il celebre incipit di Anna Karenina, tutte le previsioni climatiche si assomigliano tra loro ma ogni previsione climatica è catastrofista a modo suo. Fuor di metafora, ripercorrendo gli annunci degli ultimi anni, è comune la visione apocalittica ma diversa la scadenza temporale e le modalità con cui l'evento tragico si verificherà. Tra carestie, piogge acide, scioglimento dei ghiacciai ma anche nuove glaciazioni, ce n'è per tutti e, più la scadenza è ravvicinata, più i toni sono catastrofisti.
Nel 1967 William and Paul Paddock pubblicano Famine 1975! con il sottotitolo apocalittico «America's Decision: Who Will Survive?» in cui si annuncia una carestia mondiale a partire dalla metà degli anni Settanta. Il libro diventa un bestseller ma la carestia non si verificherà. Nel 1969 Paul Ehrlich scrive Eco-Catastrophe! in cui si prevede nel 1980 «l'estinzione di tutti i cetacei», inutile dire che i cetacei esistono ancora.
Ancora più pessimista Noel Brown, direttore dell'ufficio di New York del Programma ambientale delle Nazioni Unite, secondo cui «entro il 2000 intere nazioni potrebbero essere spazzate via dalla faccia della Terra dall'innalzamento del livello del mare».
Secondo un articolo del quotidiano inglese The Independent uscito nel 2000 «la neve inizierà a sparire dalle nostre vite», mentre The Guardian nel febbraio 2004 preannuncia che «la Gran Bretagna sarà siberiana in meno di 20 anni».
All'appello non possono mancare personaggi celebri e politici che si sono sbizzarriti in previsioni senza né capo né coda, da Al Gore che nel 2008 prevede «la scomparsa della calotta polare artica entro cinque anni» al Principe Carlo che nel 2009 lancia un ultimatum: «abbiamo solo 96 mesi per salvare il mondo». Evidentemente otto anni sembravano troppi così il primo ministro del Regno Unito Gordon Brown ha rilanciato: «abbiamo meno di 50 giorni per salvare il nostro pianeta dalla catastrofe». Cinque anni dopo, nel 2014, il Ministro degli Esteri francese Laurent Fabius annuncia: «500 giorni per evitare il caos climatico».
Non tutte le previsioni vanno in direzione del surriscaldamento globale e di un aumento delle temperature, nel 1971 il Washington Post titola «Nuova era glaciale in arrivo!», parere condiviso nel 1974 da The Guardian in un articolo intitolato «L'era glaciale arriva veloce» citando a supporto della propria tesi rivelazioni dei satelliti dallo spazio.
Di queste previsioni sbagliate colpisce che siano state realizzate non da improbabili indovini, ma da illustri scienziati, climatologi e professori con curriculum di tutto rispetto.
Ciò non vuol dire essere contro la scienza o «negazionisti climatici», quanto invitare a una maggiore cautela (e serietà) rigettando una visione dell'ambientalismo come una nuova religione che non può essere messa in discussione.
Per fortuna esistono anche studi che cercano di raccontare una visione diversa come un articolo di Giuseppe Nangeroni, professore di geografia all'Università Cattolica di Milano e a lungo presidente del comitato scientifico del Club Alpino Italiano, pubblicato nel 1955 sulla
rivista del CAI e intitolato «Il regresso dei ghiacciai lombardi» in cui si attesta il regresso dei ghiacciai già nella prima metà dell'Ottocento. Un contributo che andrebbe riletto in questi giorni di pensiero unico climatico.
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