Dalle opere al caro bollette. Ecco perché SuperMario deve completare la missione

C'è ancora molto lavoro da terminare e lasciare l'opera iniziata a metà potrebbe essere rischioso per la stabilità economica dell'Italia

Dalle opere al caro bollette. Ecco perché SuperMario deve completare la missione

C'è ancora molto lavoro da terminare e lasciare l'opera iniziata a metà potrebbe essere rischioso per la stabilità economica dell'Italia. Con Mario Draghi alla guida del governo il nostro Paese ha recuperato non solo dal punto di vista del Pil ma ha anche riguadagnato prestigio in ambito internazionale, come testimoniato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ieri a Milano per il centenario della Cattolica. «Grazie alla solidarietà europea e alla capacità dell'Italia di gestire efficacemente la pandemia, l'economia italiana sta crescendo più in fretta che in qualunque altro momento dall'inizio di questo secolo», ha detto la politica tedesca aggiungendo che «è ora di cambiare le cose: voglio un'economia che funzioni per i giovani come voi, un'economia che corrisponda alle vostre attese.

L'incitamento di von der Leyen ad aumentare il tasso di occupazione giovanile fornisce la misura delle sfide che attendono Palazzo Chigi, la prima delle quali è l'attuazione del Pnrr. Mancano una ventina di obiettivi da raggiungere entro il 31 dicembre per completare i 51 traguardi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per il 2021. La prima rata da 24,1 miliardi non dovrebbe essere a rischio poiché il conseguimento di questi target è in larga parte connesso all'emanazione di decreti attuativi, mentre la parte restante è collegata all'approvazione della manovra (come nel caso del Superbonus 110%). Entro il 30 giugno 2022 bisogna raggiungere altri 47 obiettivi e una discontinuità a Palazzo Chigi creerebbe non pochi rallentamenti, mettendo a rischio l'arrivo della seconda rata.

Un altro campo di battaglia all'inizio del prossimo anno è l'inflazione con annessi provvedimenti per calmierare le bollette. Il governo ha già messo sul tavolo 3,8 miliardi, ma è probabile che servano altre risorse come anticipato dal premier Draghi. Tassare gli extraprofitti sulle rinnovabili delle società energetiche, come anticipato dal presidente del Consiglio, non sarà semplice (anche per non minarne la competitività) così come in caso di ricorso all'extradeficit occorrerà un personaggio autorevole che spieghi alla Commissione Ue la mancanza di alternativa rispetto all'impennata dei prezzi al consumo che, secondo Bankitalia, l'anno prossimo dovrebbe attestarsi al 2,8% medio.

Oggi, dopo l'incontro con il cancelliere tedesco Scholz, il premier Draghi riceverà i sindacati a Palazzo Chigi per avviare i discorsi sulla riforma delle pensioni. L'ex presidente della Bce aveva indicato la strada maestra: regime contributivo per tutti per flessibilizzare l'età di pensionamento e, allo stesso tempo, non gravare sui conti pubblici. Un conto, però, è avere un personaggio autorevole in grado di ribattere agli attacchi di Landini e alle richieste di Sbarra e Bombardieri. Un altro conto sarebbe un presidente del Consiglio «tecnico» senza la necessaria legittimazione per opporre un rifiuto visto che la spesa pensionistica ha già superato il 15% del Pil. Identico discorso per la riforma del fisco, che entro gennaio dovrebbe trovare una prima stesura. La sinistra, dopo lo stop al contributo di solidarietà dei redditi alti per il caro-bollette, ci riproverà tentando di utilizzare l'adeguamento dei valori catastali a quelli di mercato per inasprire il prelievo Imu. Considerato che questo tipo di riforme sono espressamente richieste da Commissione Ue, Fmi e Ocse, senza un punto di riferimento imparziale al governo qual è attualmente Draghi il centrodestra avrebbe due strade dinanzi a sé: soccombere accettando l'ipertassazione del proprio bacino elettorale o terminare definitivamente l'esperienza della grosse Koalition.

Lo stesso principio vale per la riforma del Patto di stabilità che entrerà nel vivo nel 2022.

Draghi ha già fatto un primo passo stipulando il Trattato del Quirinale con la Francia e guadagnando un prezioso alleato. Ma la Germania e i «frugali» sono in agguato e non hanno voglia di praticare sconti a un Paese con il debito/Pil stabilmente sopra il 150 per cento.

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