Dalle urne esce un Regno (dis)Unito: Inghilterra tory, Scozia nazionalista

La Sturgeon sfiora la maggioranza assoluta e acquista forza "Ora Johnson deve darci un referendum-bis sull'indipendenza"

Dalle urne esce un Regno (dis)Unito: Inghilterra tory, Scozia nazionalista

Londra. Vittoria conservatrice in Inghilterra, trionfo nazionalista in Scozia, conferma labourista in Galles. Il super giovedì elettorale del Regno Unito restituisce un Paese diviso dove le proposte politiche di Labour e Tory non riescono a unire le diverse nazioni del Regno. Le operazioni di spoglio, rallentate da misure anti-Covid, hanno consegnato un venerdì a tinte conservatrici: il partito di Boris Johnson guadagna consensi nelle elezioni amministrative in Inghilterra, conferma la sua presa elettorale sulle zone rurali e periferiche del Paese, relega i labour al ruolo di partito delle élite urbane (rivince Manchester e dovrebbe riconfermarsi anche a Londra) che non sa più parlare alla sua vecchia base elettorale operaia. Ma dopo la festa conservatrice inglese di venerdì è giunto il sabato dei nazionalisti scozzesi.

Il partito di Nicola Sturgeon ha guadagnato per la quarta volta consecutiva la maggioranza dei seggi nel parlamento di Edimburgo, confermando una vittoria ampiamente anticipata dai sondaggi. L'unica questione sul tavolo era la portata del successo: l'Snp il partito nazionalista scozzese ha ottenuto 63 seggi, due in meno per la maggioranza assoluta. «Non c'è semplicemente nessuna giustificazione democratica perché Boris Johnson, o chiunque sia, tenti di bloccare il diritto del popolo scozzese di scegliere il suo futuro», proclama Sturgeon, che rivendica, anzi pretende, un nuovo referendum per staccare la Scozia dal Regno Unito e poi rientrare in Europa.

La vittoria di Sturgeon ha le sue fondamenta nell'immagine di competenza e buona gestione che la leader nazionalista ha saputo ritagliarsi nel corso della pandemia ma ancora di più nelle rivendicazioni indipendentiste che pulsano in metà della popolazione che vive al nord del Vallo di Adriano. Sommando i seggi Snp e quelli dei Verdi, anche loro per l'abbandono del Regno, il prossimo parlamento scozzese avrà una maggioranza pro-indipendenza. «Offrirò al Paese la scelta di un futuro migliore», ha detto la leader dell'Snp.

Londra è competente per le questioni costituzionali e Johnson ha sempre dichiarato che non intende concedere alla Scozia un secondo referendum dopo quello del 2014. L'allora leader indipendentista Salmond l'aveva definita un'occasione unica, un treno che passa una volta nella vita. La Brexit ha cambiato tutto, ribatte oggi Sturgeon, che ha chiesto agli scozzesi un mandato forte per richiedere un secondo referendum. I nazionalisti si stanno orientando per un voto a fine 2023 ma dovesse Londra continuare nel suo rifiuto l'Snp - che ha sempre affermato di volere rimanere nell'alveo della legalità costituzionale si troverebbe di fronte a un possibile scenario catalano, con il rischio di fratture interne sulla strategia da perseguire. Ma dopo la Brexit, il voto del popolo, la sovranità recuperata, può Londra travestirsi da Bruxelles e ignorare le richieste dei nazionalisti scozzesi? Ieri, in un'intervista al Telegraph, il no di principio di Johnson ha lasciato il campo a considerazioni sull'inopportunità attuale del voto a causa della pandemia, una posizione che lascia aperte le porte a una futura consultazione.

Dopo mesi di netto vantaggio indipendentista i sondaggi delle ultime settimane restituiscono una maggioranza di poco a favore dell'unione, grazie anche al supporto economico ricevuto da Londra durante la pandemia. Credere però che una battaglia identitaria si possa vincere (solo) con i soldi sarebbe un errore imperdonabile per chi ha portato il Paese fuori dall'Unione Europea.

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