Londra Dopo il successo della marcia anti Brexit di sabato, un'altra settimana di fuoco attende al varco il Primo Ministro britannico Theresa May che allo stesso tempo lotta anche per salvare la sua carriera politica. Ieri sulle prime pagine dei più importanti quotidiani nazionali campeggiava infatti la notizia che sarebbe in atto un tentativo da parte dei Tories di sostituire la Premier per far in modo che non sia lei a concludere le trattative per l'uscita dall'Europa. Come candidati alla sua poltrona sono stati indicati il ministro all'Ambiente Michael Gove e il suo vice David Lidington.
Entrambi hanno smentito, ma qualcosa di grosso sta bollendo in pentola o meglio a Chequers, la residenza di campagna dove May ieri ha convocato un meeting d'emergenza per discutere con I colleghi e alcuni Brexiteers, tra cui Boris Johnson, le opzioni sul tavolo. Secondo quanto rivelava ieri il Sunday Times, I Conservatori sarebbero persino disposti ad appoggiare il piano May su Brexit a patto che lei subito dopo si faccia da parte, lasciando il posto ad un sostituto con più autorevolezza.
L'indiscrezione è stata smentita ufficialmente, ma è un dato di fatto che dopo essere stata costretta a chiedere a Bruxelles un'estensione dell'articolo 50, il Primo Ministro ha suscitato la furia di molti parlamentari accusandoli pubblicamente di essere I veri responsabile del ritardo nell'uscita dall'Unione. Lo stesso Cancelliere Philip Hammond, indicato da molti come il nemico interno della May e supporter di Lidington, ha ammesso che I deputati «sono molto frustrati» aggiungendo però che «in un modo o nell'altro il Parlamento questa settimana avrà l'opportunità di decidere da che parte stare».
Un timido accenno di sostegno alla Premier ieri è arrivato dal primo ministro irlandese Varadkar. «Sono certo che May è in grado di portare a compimento la Brexit» ha dichiarato aggiungendo però di essere disposto a collaborare con chiunque dovesse essere Primo Ministro. Nei prossimi sei giorni a venire il Parlamento potrebbe essere chiamato a votare, oltre all'accordo siglato da May con Bruxelles, altre sei soluzioni: la revoca dell'articolo 50 e la cancellazione di Brexit, un secondo referendum, l'accordo originario più la permanenza nell'unione doganale, l'accordo più la permanenza nell'unione doganale e l'accesso al mercato unico, un accordo di libero commercio sul modello canadese, l'uscita senza accordo.
Il primo appare una possibilità remota, l'ultimo l'opzione che tutti temono, gli altri sono alternative egualmente possibili. Alla Camera dei Comuni si comincerà a vagliarle oggi per vedere quali di queste mettere ai voti e capire se esiste una maggioranza disposta a sostenere un modello alternativo di Brexit. Tra martedì e giovedì Theresa May potrebbe decidere di portare il suo accordo al voto per la terza volta, ma non è chiaro se accadrà dato che la Premier ha già escluso di volerlo fare se non sara' sicura di avere un appoggio significativo. Inoltre bisogna capire se lo Speaker dei Comuni Berkow lo consentirà, visto che la scorsa settimana aveva dichiarato inammissibile l'ennesima votazione sull'accordo a meno che questo non venisse modicato in qualcuna delle sue parti.
Venerdì è il 29 marzo, la data stabilita inizialmente dal Regno
Unito per il suo divorzio dall'Europa. Ma questo si tratta per ora dell'unica certezza non accadrà. Le prossime date per l'uscita sono state fissate al 12 aprile, in caso di no deal, e al 22 maggio se si trova un accordo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.