Nella partita - tutta politica - che si sta giocando in Senato sul ddl Zan, il Pd inizia a temere l'accerchiamento. Ieri Italia viva è uscita allo scoperto, presentando le proprie proposte emendative, che verranno discusse martedì (insieme a quelle del centrodestra) al tavolo di maggioranza, subito prima del voto nell'aula di Palazzo Madama sulla calendarizzazione immediata del provvedimento. «Stiamo riempiendo un vuoto che avrebbe dovuto riempire il Pd - spiega il capogruppo renziano Davide Faraone - cercando di costruire il confronto tra posizioni diverse per sbloccare l'ostruzionismo della destra e arrivare ad un buon testo condiviso». Gli emendamenti vanno incontro alle obiezioni più diffuse sul ddl: si chiede di eliminare dall'articolo 1 la «identità di genere» (contestata tanto dalla destra cattolica quanto dalla sinistra femminista) per affermare che vengono puniti i reati motivati da «omofobia e transfobia», tornando in pratica al testo del ddl Scalfarotto che il Pd a suo tempo aveva condiviso. Si sopprime poi il barocco articolo 4, la cosiddetta «clausola salva-idee» che dovrebbe distinguere tra libertà di opinione e reati, e che è stata giudicata una complicazione superflua se non pericolosa da molti giuristi, e si richiama il rispetto della «piena autonomia scolastica» nelle celebrazioni della Giornata nazionale anti-omofobia, al centro delle contestazioni vaticane.
La palla ora sta al centrodestra: se accogliesse le modifiche, potrebbe esserci una larga maggioranza sul ddl emendato. E per il Pd, ancora asserragliato sulla linea «il Ddl Zan non si tocca», si aprirebbe un problema non da poco. Anche perché un nutrito gruppo di senatori dem potrebbe venire allo scoperto appoggiando gli emendamenti di Iv. Che infatti in casa dem vengono definiti «molto furbi».
Da Forza Italia già si registrano aperture autorevoli: ieri la ministra Mara Carfagna, favorevole alla legge anti-omofobia, chiedeva di «togliere elementi divisivi come la definizione di identità di genere». E un segnale è arrivato anche da Matteo Salvini: «Se si toglie dal tavolo l'ideologia, come i reati di opinione e la questione gender, possiamo approvare in un'ora una buona norma contro la follia dei reati di abuso o discriminazione in base all'orientamento sessuale». La sensazione, in Senato, è che anche una parte della Lega si renda conto di non poter restare arroccata sulla linea oscurantista dell'ostruzionismo totale, alienandosi un segmento significativo dell'elettorato: «I gay sono tanti, votano e non sono tutti di sinistra: dobbiamo parlare anche a loro», nota un esponente del Carroccio.
In attesa delle mosse altrui, il Pd fa muro: «Per noi il testo va approvato così com'è, e deve andare in aula il 13 luglio. Le proposte di Iv non sono accettabili per noi e non basteranno a Lega e Fi. Le distanze restano siderali», dice Franco Mirabelli. Ma dall'interno dello stesso partito, dove l'ala «trattativista» è in movimento, arrivano voci diverse: «In aula, con il M5s nel caos e i suoi senatori fuori controllo, e con alcuni dei nostri che non vedono l'ora di far inciampare Letta, a voto segreto andiamo al massacro.
Evidentemente però c'è chi vuole a tutti i costi la bella morte: andare sotto e incolpare i fascisti omofobi e il traditore Renzi», dice un senatore. Faraone spiega che, nei colloqui di questi giorni, ha registrato «una reale volontà di trovare un'intesa in Forza Italia e in parte della Lega, che non è tutta come Pillon».
E all'obiezione principale del Pd (il testo modificato dovrebbe tornare alla Camera, col rischio di arenarsi) replica: «Se si trova un accordo nella maggioranza, sulla base delle nostre modifiche, poi possiamo chiedere tutti insieme al governo di mettere la fiducia alla Camera, e approvarlo subito».
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