
Morì invocando Gesù. Non parliamo di un mistico, ma di Alcide De Gasperi, il padre della ripartenza italiana dopo il disastro della guerra. Può sembrare paradossale in un mondo laicizzato, ma ieri a Roma si è chiusa la fase diocesana del processo di beatificazione del «servo di Dio» Alcide. Un passaggio verso la santità che dà le vertigini. La sera del 18 agosto 1954, l'ultima su questa terra, rivolgendosi alla figlia Maria Romana, De Gasperi pronunciò queste parole: «Il Signore ti fa lavorare, ti permette di fare progetti, ti dà energia e vita, ma poi quando credi di essere necessario ti toglie tutto improvvisamente».
Ecco: realismo e senso del limite. Ovvero, il cristianesimo applicato alla politica.
Tutto in sette anni e mezzo, decisivi per l'Italia.
De Gasperi diventa presidente del Consiglio il 10 dicembre 1945 e rassegna le dimissioni nel giugno 1953, quando non scatta per un misero 0,2 per cento il premio di maggioranza previsto dalla cosiddetta legge truffa e l'ottavo governo da lui presieduto non ottiene la fiducia alla Camera. È la fine dei giochi e anche della stagione riformista forse più importante nella storia patria.
Le tappe di un vero e proprio «miracolo» sono innumerevoli e straordinarie: la partecipazione il 10 agosto 1946 alla Conferenza di pace di Parigi, dove deve, compito quasi disperato, separare l'Italia dalle colpe del Duce. E dove pronuncia un discorso dall'incipit memorabile: «Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me».
Qualche settimana prima, come ricorda Antonio Polito nel suo bellissimo libro Il costruttore, salvò l'Italia di nuovo sull'orlo del baratro perché Re Umberto non voleva accettare il voto del referendum e fu il presidente del Consiglio, dopo un pericolosissimo stallo andato avanti per giorni, a costringerlo a prendere la strada dell'esilio.
Nel gennaio 1947, dopo un viaggio a dir poco avventuroso - il quadrimotore Skymaster è costretto ad atterrare due volte alle Azzorre - arriva finalmente a Washington e compie un altro prodigio: l'ex nemico diventa per gli Usa un alleato e la difficile trasferta, iniziata sotto i peggiori auspici, si trasforma in un trionfo. Il premier vien sdoganato, pone le basi del boom italiano e presto riceverà la ricca dote del Piano Marshall.
De Gasperi è un gigante e sa che la politica estera è la chiave di tutto, ma si sa destreggiare con abilità e visione anche fra gli scogli della politica nazionale. Rompe con Togliatti, lui che era stato l'unico Popolare arrestato perché antifascista. De Gasperi è antifascista ma è anche anticomunista, non ama l'ideologia, ma i fatti.
Nel '49, vincendo la ritrosia del Vaticano, porta l'Italia sotto l'ombrello del Patto Atlantico e garantisce al nostro Paese ottant'anni di benessere e prosperità. Con gli amici Robert Schuman, alsaziano, e Konrad Ademauer, cattolici come lui e con cui lui che viene dal Trentino austroungarico conversa in tedesco, pone le basi dell'Europa.
Poi ci sono il Piano Ina-Casa, la riforma agraria, che in un decennio sposta verso i ceti meno fortunati quasi un milione di ettari, la scoperta sconvolgente in una caldissima giornata dell'estate 1950 dei Sassi di Matera. L'ultimo progetto è un fallimento e riguarda, ironia della storia, la difesa comune europea.
«Il Signore - confida a Maria Romana nelle ultime ore - ti dice ora basta, puoi andare. E tu non vuoi, vorresti presentarti di là col tuo compito ben finito e preciso».
Una parabola unica. «Un modello di riferimento», come ha spiegato ieri nel corso della celebrazione il cardinale Baldo Reina. Con le sue scivolate, vedi la sconcertante polemica con Giovannino Guareschi che pagò con il carcere. Ma anche capace di accettare un'umiliazione e tenere la schiena sempre dritta.
Anche quando Pio XII gli negò l'udienza privata che aveva chiesto per sé e per la sua famiglia: «Come presidente del Consiglio la dignità e l'autorità che rappresento mi impone di esprimere lo stupore per un rifiuto così eccezionale». Appunto, un santo.
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