Chi è l'erede? Semplice, risponde Angelino Alfano, «è Sergio Mattarella», indicando il capo dello Stato, seduto in prima fila, che mentre tutti applaudono increspa le labbra in un sorriso elusivo. E di chi è il modello? Ma di Giorgia, sostiene Alfredo Mantovano: Alcide De Gasperi, per il sottosegretario alla presidenza, è un esempio di politico perfetto. «Riuscì a mantenere la logica di gabinetto secondo la quale il capo del governo è la guida del comitato direttivo della maggioranza, non un mediatore tra i partiti della coalizione». Forte, il potere tra le mani, insomma il campione del premierato. «Servono riforme coerenti e funzionali al bene comune. Sarebbe bello e istruttivo se il suo tratto di autorevolezza fosse ripreso». Il prototipo.
A settant'anni dalla morte, solenne cerimonia di commemorazione dello statista trentino a Montecitorio: tra i presenti, oltre Mattarella, la figlia minore Paola, i nipoti, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, quello del Parlamento europeo Roberta Metsola, Pierferdinando Casini, Alfano nelle sue vesti di presidente della fondazione intitolata allo statista, Michele Placido che si produce in una lettura teatralizzata del discorso alla prima seduta dell'Assemblea Costituente. Bandiere, bande, Inno di Mameli, cortometraggi.
Mantovano, che apre la celebrazione, lega lo storico segretario della Dc alle riforme in cantiere. «De Gasperi imponeva con la leadership un'autorità politica, però dopo le elezioni del 18 aprile la prassi andò in un'altra direzione». Non più capo dell'esecutivo ma primo ministro, un negoziatore tra le forze di maggioranza. «Chi venne dopo di lui ripiegò su un'interpretazione del presidente del Consiglio come mediatore tra i partiti». Poco potere, molti compromessi. Palazzo Chigi vorrebbe tornare a quei tempi. «L'esperienza di De Gasperi è di sorprendente attualità per affrontare le sfide di un'epoca di cambiamenti».
Alfano invece vede nel metodo Mattarella «l'inverarsi degli ideali degasperiani di libertà, patria, pace, giustizia sociale». Fontana sottolinea il salvataggio del Paese e il suo europeismo. «È stato artefice della ricostruzione postbellica e pioniere dell'Europa unita. Tenace oppositore di qualsiasi totalitarismo, ha svolto un ruolo cruciale della scelta atlantica dell'Italia». Servirebbe un De Gasperi pure adesso. «Il suo patrimonio politico e morale conserva il suo valore. In un periodo come il nostro, segnato da conflitti, la sua figura è estremamente attuale».
Poi tocca a Roberta Metsola. Per lei De Gasperi «era un visionario», nel senso che «aveva una visione, capiva che per dare un futuro all'Italia bisognava darlo all'Europa». Piccoli passi, ma decisi. «Comprese la necessità di trovare compromessi, pur restando irremovibile sui valori in cui tutti noi oggi crediamo». E con il passare dei decenni adattamenti ne sono stati fatti, «però questa è la Ue immaginata da lui, che abbraccia le differenze e assicura la realizzazione dei propri potenziali». E attenzione, perché ora occorre accelerare nel condividere poteri e competenze. «C'è più da guadagnare che da perdere per i nostri popoli nello stare insieme».
E cita i due grandi temi all'ordine del giorno. Il primo riguarda i flussi. «Dobbiamo eliminare la tossicità dal dibattito, parliamo di persone e non di statistiche. Destinando risorse a chi ne ha veramente bisogno e intensificando il rimpatrio di chi non ha diritto».
Anche De Gasperi nel 1951 «parlava dell'esigenza di difendersi dall'interno favorendo la comprensione». Il secondo è l'Ucraina. «Il nostro sostegno non può vacillare, si tratta delle regole di convivenza civile e del nostro futuro di libertà».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.