"Sono stati nove lunghi anni di sofferenza". Nunzia De Girolamo, ex ministro delle Politiche Agricole sotto il governo di Enrico Letta, oggi giornalista e conduttrice televisiva, racconta il calvario della sua vicenda giudiziara.
Nove anni di attesa per una sentenza definitiva sono davvero tanti...
"Nove anni sono un pezzo importante del nostro percorso di vita. Se da un lato non è mai venuta meno la speranza, dall’altro le posso dire che lo sconforto alcune volte l’ha fatta da padrone. Ho resistito grazie alla mia famiglia e a mia figlia. Le confesso che a volte ho dovuto fare i conti con pensieri strani…".
Cosa ha provato al momento dell'assoluzione?
"Sono scoppiata in un pianto liberatorio. In un solo istante mi sono passati davanti anni di sofferenze. Anni di difficoltà, notti insonni, grandi dubbi e paure. È difficile descrivere cosa si prova quando si sprofonda in un incubo durato nove anni e quando si esce a rivedere la luce. Lo sanno bene la mia famiglia e i miei legali, Mimmo Di Terlizzi , Enrico Capurso e Giandomenico Caiazza, che ringrazio".
Perché le scuse non arrivano mai da parte dei media e della magistratura?
"Vede, io ho subito un linciaggio mediatico, pur non essendo ancora indagata, che mi ha portato alle dimissioni da ministro. Prime pagine, titoli roboanti che infangavano non solo me, ma anche i miei affetti più cari. Per l’assoluzione, invece, tre righe per le quali serve il binocolo. Ho ritrovato la serenità, ma se qualcuno alzasse il telefono per una chiamata di scuse, o scrivesse due righe, forse potrei chiudere un cerchio che sembrava infinito".
Col senno di poi, si dimetterebbe di nuovo?
"Non mi piace ragionare per assurdo, sono molto realista. Allora era la cosa giusta da fare. Alcuni mi invitarono, ardentemente, a non dimettermi. Ma io mi dimisi non essendo ancora indagata. Non tutti lo fanno. Sono cresciuta con alcuni valori, non avrei potuto permettere che il linciaggio mediatico proseguisse. E non mi riferisco solo a quello, seppur incalzante, di taluna carta stampata".
Ora che il suo calvario giudiziario è finito, pensa di tornare in politica?
"La ripeto da anni: la politica, almeno per me, è una passione dalla quale non ci si dimette mai. È anche vero che ormai la mia vita è altrove. Faccio la conduttrice televisiva, ho fatto un percorso e mi sono iscritta all’ordine dei Giornalisti, ho diversi progetti per il futuro. Poi, le dirò, la vita è abituata a sorprenderci, nella sua totale imprevedibilità, sempre".
Cosa le insegna la sua vicenda personale? Le toghe rosse esistono realmente?
"Mi ha insegnato a guardare la vita da un’altra prospettiva. I colori non mi appassionano particolarmente: anche in magistratura, come nella vita, tutto dipende dalle persone che incontri. Io ho avuto due collegi giudicanti che hanno approfondito molto bene, sia in primo che in secondo grado, le carte del processo. Le assicuro che non è così scontato. Certo, nel frattempo sono passati 9 anni".
Il Paese è ancora malato di giustizialismo?
"Vorrei dirle di no, ma non sarei sincera. C’è una parte di informazione, e l’ho sperimentata sulla mia pelle, che va oltre la normale dialettica. È quello un giustizialismo che ferisce, che non ha rispetto di nulla. E poi, lo devo dire, c’è stato qualcuno, anche in politica, che negli ultimi dieci anni ha alimentato una caccia alla streghe senza precedenti. Una gara di presunta superiorità morale che ha fatto solo male al Paese".
Una riforma della giustizia, cosa dovrebbe prevedere assolutamente?
"Sarò molto diretta: tra i punti principali di una nuova riforma della giustizia, non può mancare l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione, nella fattispecie
‘’perché il fatto non sussiste’’. È stata una delle richieste avanzate anche dall’Unione delle Camere Penali, il cui Presidente Caiazza, è anche uno dei miei legali di fiducia. Credo possa essere questo un punto di partenza".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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