I titoli di Stato italiani continuano a stuzzicare gli appetiti degli investitori. Ieri, infatti, il Tesoro ha collocato 7,5 miliardi di euro nell'asta di Bot annuali. La richiesta è stata di 1,54 volte superiore all'offerta e pari a 11,52 miliardi, un risultato ancora migliore di quella precedente dell'11 sttembre quando il rapporto era di 1,51 volte l'importo messo sul mercato. La buona riuscita dell'asta, nonostante i tagli dei tassi Bce, ha fatto calare i rendimenti al 2,859% medio, al minimo da dicembre 2022. Ora i Bot in circolazione sono 128,4 miliardi.
Il consolidamento di una domanda vivace è una buona notizia per l'Italia, che ha bisogno mettere sul mercato tanti titoli in virtù del suo grande debito pubblico. E del resto se ci sono tanti investitori pronti a comprare Bot e Btp anche i rendimenti dovrebbero proseguire su una traiettoria di discesa, favorendo una prospettiva migliore sulla spesa per gli interessi. Ieri, intanto, il differenziale di rendimento tra i Btp italiani decennali e i Bund tedeschi di pari durata è stato in discesa ai minimi dallo scorso marzo a quota 128 punti base (il Btp rende il 3,53% contro il 2,25% dei Bund). Continuerà così? Un report di Citi, firmato dall'economista Giada Giani, si mette in evidenza come negli ultimi 18 mesi i titoli di Stato italiani sono stati sostenuti da una forte richiesta da parte dei cosiddetti investitori retail, vale a dire i piccoli risparmiatori e le famiglie italiane. Il governo, del resto, punta a portare sempre più debito nelle mani dei connazionali, dal momento che questi sono più inclini a mantenere il titolo fino alla scadenza, svolgendo un ruolo positivo nell'ottica di una stabilizzazione dello spread (che notoriamente s'impenna in presenza di ondate di vendite). Se, da una parte, è difficile che la raccolta da questo segmento di pubblico possa proseguire sui livelli elevati degli ultimi tempi (a causa del calo dei rendimenti), dall'altra è aumentata di poco la domanda degli investitori stranieri che tuttavia con una quota del 20% rimane vicina ai minimi degli ultimi 25 anni. Questo, sottolinea Giani, implica «un alto potenziale di crescita». In vista del prossimo 18 ottobre, quando le agenzie internazionali S&P Global Ratings e Fitch aggiorneranno il proprio rating sull'Italia, Citi ritiene ci siano fattori tali per cui Roma potrebbe convincere le agenzie ad alzare il rating. Al momento entrambe le agenzie sono a BBB (stabile) e nella cosiddetta area investment grade, ma tra le due S&P potrebbe essere quella che per prima potrebbe azzardare una promozione per l'Italia. Un'altra data chiave sarà il prossimo 22 novembre, quando si esprimerà Moody's andando a completare il trittico delle grandi agenzie Usa.
Secondo Citi, intanto, i rendimenti dei Btp italiani dovrebbero raggiungere il 3,1% entro il primo trimestre dell'anno prossimo. «Questo dovrebbe mettere il costo medio del debito dell'Italia su una traiettoria discendente per la prima volta dall'inizio dei rialzi dei tassi della Bce nel 2022».
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