C'è il decreto, non c'è il bavaglio. Molte rumore, al solito, per nulla. Si era parlato nei giorni scorsi di introdurre una norma che avrebbe messo in moto l'azione disciplinare per quelle toghe non allineate con l'esecutivo. Il testo prevedeva l'avvio di un procedimento per quelle toghe che «non si fossero astenute per gravi ragioni di convenienza».
Una frase, secondo l'Associazione nazionale magistrati, generica e minacciosa che avrebbe creato un cortocircuito negli apparati giudiziari del Paese.
Le toghe, questa la loro preoccupazione, avrebbero dovuto cucirsi la bocca per evitare l'obbligo di astensione al primo verdetto collegato in qualche modo ad una loro esternazione, magari sulle politiche migratorie o sui paesi sicuri. Con bacchettate assestate a Palazzo Chigi o al Viminale.
È andata in un altro modo. La tempesta, annunciata, non c'è stata. Anzi, il ministro Carlo Nordio aveva fatto trapelare la sua contrarietà alla norma che non gli sarebbe mai passata per l'anticamera del cervello. Alla fine, il decreto giustizia non contiene nulla di quello di cui si era discusso. Forse, Palazzo Chigi ha voluto scansare un altro braccio di ferro su un tema obiettivamente scivoloso e dai confini incerti: facile prevedere che i magistrati avrebbero disapplicato la norma pensata per punire i loro presunti eccessi.
La sostanza è sempre la stessa. Una parte della magistratura contesta frontalmente le disposizioni del governo, con motivazioni all'apparenza tecniche ma in realtà politiche o che, comunque, possono essere lette come una sfida all'esecutivo. È successo ora con i migranti, ma le ragioni di frizione sono state innumerevoli nel tempo. E tutti i tentativi di rendere le regole più stringenti e severe sono di fatto naufragati, fra polemiche e grida sugli attacchi all'autonomia e all'indipendenza della magistratura.
Non basta. Il decreto ha perso per strada anche il capitolo cybersicurezza: qui, secondo fonti di Palazzo
Chigi, sarebbero necessari «ulteriori approfondimenti». Di fatto, è stata Forza Italia a mettersi di traverso alla nuova norma che prevedeva l'attribuzione alla Dna, la procura nazionale antimafia, del potere di impulso e coordinamento delle indagini sul nuovo reato di estorsione informatica, introdotto in giugno. Oltre all'arresto obbligatorio per alcune fattispecie criminali.
Per Forza Italia è un controsenso accrescere il potere della Dna quando è proprio lì che è scoppiato lo scandalo degli spioni, con gli accessi abusivi del finanziere
Pasquale Striano.Vanno così in porto solo alcune questioni secondarie: in particolare slittano ad aprile le elezioni, previste domenica e lunedì, per il rinnovo dei Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Cassazione.
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