Di ritorno alla Camera dei deputati per la sua definitiva conversione in legge, il decreto legislativo Cura Italia, quello che ha definito il drastico lockdown della vita sociale e delle attività produttive, mostra tutta la sua farraginosità. E sono i tecnici, prima ancora che i politici, di Montecitorio e Palazzo Madama a rilevarne difetti e incongruenze. Agli occhi dei funzionari parlamentari il lavoro di stesura svolto dagli uffici di Palazzo Chigi mostra più di una lacuna.
Oggi il decreto arriva in commissione Affari sociali. Ma ci arriva pieno di segni rossi e di punti interrogativi. Posti appunto dai tecnici di Camera e Senato che hanno notato alcune imprecisioni e soprattutto molte ambiguità. A iniziare dall'articolo 4 che delinea il quadro sanzionatorio per la violazione delle misure di contenimento del contagio. Viene infatti escluso che la violazione delle misure comporti l'applicazione della pena prevista dall'articolo 650 del Codice penale. Chiunque violi le misure di contenimento previste è adesso soggetto alla sanzione amministrava pecuniaria (da 400 a 3mila euro). Non vengono ricomprese, quindi, le ordinanze del ministero della Salute.
Nelle more dell'urgenza della redazione del decreto, poi, ci è scappato qualche doppione. E i tecnici notano ad esempio che la sanzione accessoria prevista per le violazioni relative alla chiusura di cinema, teatri e altri luoghi di aggregazione, alle competizioni sportive e alla chiusura di centri sportivi, alla sospensione delle attività educative, delle attività commerciali, delle attività di somministrazione di bevande e alimenti, alla limitazione o sospensione delle attività professionali e di lavoro autonomo e alle limitazioni allo svolgimento di fiere e mercati, è poco chiara nella parte che riguarda la sua retroattività.
In relazione alla norma che prevede che i prefetti possano avvalersi dell'esercito «si osserva - scrivono i funzionari parlamentari - che la stessa misura, così come la relazione illustrativa e la relazione tecnica allegate al decreto legge, non specificano le unità di personale militare poste a disposizione dei prefetti». Nel dossier che oggi verrà compulsato in commissione i tecnici avvertono che andrebbe chiarito se tali unità, peraltro già operative, siano attinte dal contingente di 7.050 unità di personale militare che attualmente operano, con la qualifica di agenti di pubblica sicurezza e in concorso alle Forze di polizia, nelle attività di controllo del territorio di cui alla richiamata operazione Strade sicure, da ultimo prorogata, fino al 31 dicembre 2020». Dal momento poi che tutte le misure di contenimento del virus incidono indirettamente sulle attività produttive, i tecnici chiedono che venga specificato che non è compito delle Regioni chiudere gli impianti produttivi.
Anche i politici, però, notano zone d'ombra da chiarire. Annotazioni, le loro, che hanno finito per comporre il gruppo di 65 emendamenti già votati al Senato sul Dl Lockdown e che questa mattina devono passare il vaglio della commissione Affari sociali di Montecitorio. Sempre in tema di violazione alle regole di contenimento del virus, i 5 Stelle hanno chiesto che venga chiarito un altro punto oscuro.
Quello che riguarda il divieto di allontanarsi dall'abitazione per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus. I firmatari dell'emendamento chiedono che il divieto scatti nei casi in cui la positività sia stata accertata «da test di laboratorio o da diagnosi effettuata su base clinica o epidemiologica».
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