Def, quattro anni per aggiustare i conti

Giorgetti: "Pil 2024 all'1% e deficit sotto controllo, dai crediti edilizi 219 miliardi di impatto"

Def, quattro anni per aggiustare i conti
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Un quadro tendenziale che si inserisce nel solco dei numeri della Nadef e la speranza che i 219 miliardi del Superbonus non sfascino definitivamente i conti pubblici costringendo il governo a nuovi tagli di spesa a causa dell'«impatto devastante» dei crediti d'imposta. Il Documento di Economia e Finanza, approvato ieri dal Consiglio dei ministri, fissa a +1% la stima di crescita del Pil 2024, rivedendo al ribasso l'1,2% ipotizzato lo scorso autunno. Nel 2025 il Pil crescerà dell'1,2%, mentre il deficit/Pil si attesterà al 3,7% e il debito al 138,9%. Nel 2026 la crescita dovrebbe registrare un +1,1%, il deficit si dovrebbe assestare al 3% del Pil e il debito al 139,8% per poi scendere al 139,6% nel 2027 a fronte di un deficit del 2,2%. Insomma, quattro anni per sistemare i conti. «L'andamento del debito è pesantemente condizionato dai riflessi per cassa del pagamento dei crediti fiscali del Superbonus nei prossimi anni», ha spiegato il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, giustificando l'inversione di tendenza dell'indicatore la cui decrescita è rinviata di tre anni. «C'è questa enorme massa di 219 miliardi di crediti edilizi - ha aggiunto - quando scenderanno in forma di compensazione, quindi minori versamenti nei prossimi anni, diventeranno a tutti gli effetti debito pubblico, anche ai fini contabili, oltre a esserlo già oggi, di fatto, in termini di impegni assunti nei confronti dei cittadini italiani». II Def presentato ieri è l'ultimo del suo genere, in attesa che entro il 20 settembre (ma Giorgetti conta di chiudere prima questa partita) vengano approvate le nuove regole comuni Ue sulla rendicontazione pubblica con i Piani strutturali. La portavoce della Commissione europea per gli Affari economici, Veerle Nuyts, ha specificato che i documenti di programmazione 2024 «potrebbero essere più limitati del solito e di conseguenza alcuni Stati membri potrebbero preferire inviare versioni più snelle di questi documenti». Insomma, a differenza di quanto urlato dalle opposizioni, non si tratta di una rinuncia a delineare le politiche economiche, ma di una scelta prudente in attesa delle nuove strategie contabili comunitarie. «Una volta che avremo il quadro sapremo anche dove andare a incidere per tagliare la spesa e trovare le risorse», ha chiosato il ministro. Tra gli obiettivi dichiarati del governo c'è la conferma anche per il 2025 del taglio del cuneo fiscale fino a 35mila euro. «Quello della decontribuzione che scade nel 2024 è un obiettivo che intendiamo assolutamente replicare nel 2025», ha specificato Giorgetti. Nella manovra 2024 sono stati necessari oltre 15 miliardi considerando anche l'accorpamento al 23% dell'aliquota Irpef del 28%. Il titolare del Mef valuta positivamente invece l'inflazione sotto controllo auspicando che siano maturi i tempi perché la Bce possa avviare la stagione di taglio dei tassi. Il viceministro dell'Economia, Maurizio Leo, ha confermato che ci sono «risorse stanziate per gli anni successivi, legate all'eliminazione dell'Ace (3,5 miliardi) e all'introduzione della Global minimum tax; un serbatoio già c'è». Ulteriori interventi di riduzione dell'Irpef saranno demandati al successo del concordato preventivo biennale.

Ci sono anche elementi incoraggianti che potrebbero migliorare lo scenario (reso incerto dalle guerre in Israele e in Ucraina) come una ripresa della Germania. «Prevediamo un tasso di disoccupazione in costante diminuzione nei prossimi anni», mentre sull'inflazione, l'auspicio «è che finalmente ci sia un inizio di riduzione dei tassi».

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