Va bene che viviamo tempi terribili, dove le donne sono vittime di persecuzioni, violenze, omicidi. Ma una semplice lettera d'amore - per quanto sperticata, per quanto sopra le righe - non può diventare la prova di un reato: anche se da quella dichiarazione carica di passione la destinataria ha tratto motivo di preoccupazione e d'ansia, al punto di cambiare le proprie abitudini di vita. Chiamato a stabilire dove finisce il corteggiamento e dove iniziano la molestia e la persecuzione, un giudice (donna) milanese non ha avuto dubbi. Non c'è reato, dice il giudice. Lo spasimante, se lo vorrà, potrà tornare a avvicinare l'oggetto dei suoi desideri. Purchè, ovviamente, non vada più in là. La Procura, che aveva chiesto che all'uomo fosse ordinato di stare alla larga, e che voleva portarlo a processo, si rassegna: e chiede l'archiviazione.
Lei è la bella tabaccaia di un bar sulla circonvallazione esterna di Milano, ritrovo abituale dei poliziotti delle Volanti all'ora del cambio turno. Lui è un uomo non più giovane, maltrattato dalla vita, fedina penale non proprio immacolata, ma che ora riga dritto. Abita vicino al bar-tabacchi, entra, la vede, resta folgorato. E il 7 marzo scorso le invia tre pagine di lettera, scritte fitte al computer, che la lasciano di sasso. «Dopo aver riso a crepapelle con le sue amiche - premette - cestini questa lettera», «non voglio mettere in difficoltà la sua vita». Ma io la amo, dice lo spasimante. Lei è la mia Dulcinea del Toboso, «e non potrei essere anch'io don Chisciotte e amare una donna segretamente? Però mi sono anche detto: pechè non dirglielo che è una bella donna, e che la desidero, cosa potrebbe esserci di male?».
Invece la tabaccaia la prende malissimo, e si capisce: perchè nella lettera anonima ci sono anche dettagli della sua vita privata, lo sconosciuto sa che è sposata, conosce il suo indirizzo di casa. Si sente messa nel mirino. Così porta la lettera anonima dai carabinieri. Risalire al mittente è impossibile. Ma pochi giorni dopo l'uomo esce allo scoperto: va al bar, fa la coda alla cassa, quando arriva il suo turno fa l'occhiolino alla donna. Per la tabaccaia è un attimo metterlo in relazione alla lettera. Sbircia l'auto parcheggiata li accanto, segna la targa. Pochi giorni dopo si ritrova l'uomo sotto casa, poi davanti al lavoro. Sembra il copione di altre storie finite tragicamente. La donna è sempre più allarmata. L'uomo viene identificato grazie alla targa, parte l'inchiesta della Procura. Il 4 maggio il pm chiede che scatti per lui il divieto di avvicinamento.
Ma una settimana dopo, l'11 maggio, il giudice preliminare Sara Cipolla respinge la richiesta. Per il reato di stalking, scrive, «è necessaria una pluralità di atti di minaccia o molestia». Qui invece, c'è solo la lettera alla donna: «dal contenuto si desume che l'uomo intende rimanere un suo ammiratore segreto, che non intende turbare la serenità del suo matrimonio, e che con tale gesto abbia semplicemente desiderato esternarle il suo amore». Che poi l'uomo abbia continuato a presentarsi al bar non vuol dire nulla: «Si è limitato ad accedere in un luogo pubblico, come faceva da oltre un anno, per consumare il caffè». Gli incontri sotto casa possono ben spiegarsi: l'uomo ha un box nella stessa via.
E l'ansia, i patemi della donna? Perché si possa parlare di stalking per il giudice Cipolla
«non basta la sensazione di mero fastidio o irritazione». Così il sedicente don Chisciotte, difeso dall'ottimo avvocato Angelo Colucci, si vede prosciogliere. Sperando che si decida comunque a lasciare in pace la signora.
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