Il detonatore? Forse esplosivi militari. Accesi per caso da saldatori maldestri

Jihadisti? Difficile. E non si distrugge una città per il processo Hariri. La vera bomba? "Il collasso sociale. E una guerra civile"

Il detonatore? Forse esplosivi militari. Accesi per caso da saldatori maldestri

«Non possiamo escludere che ci fosse anche del materiale bellico. Sappiamo solo che la quantità saltata in aria era ingente, ma da dove derivasse, se fosse solo il nitrato sequestrato anni fa o esplosivo di altro genere non lo possiamo dire con certezza. Tutte le ipotesi sono aperte» spiega al Giornale, un'alta fonte internazionale. Per la sensibilità dell'argomento e la posizione non possiamo rivelare il suo nome. «Sicuramente erano in molti a sapere che nel porto di Beirut fossero immagazzinate da anni tonnellate di fertilizzante, che potevano diventare estremamente pericolose» osserva la fonte esclusiva. Dalle prime analisi delle immagini video di specialisti militari sul posto «l'effetto devastante l'ha provocato il nitrato d'ammonio, ma tenendo conto della sequenza, delle colonne di fumo e dal loro colore è stato innescato da altri esplosivi, saltati in aria, presumibilmente militari» rivela un'altra fonte del Giornale.

La prima versione dei fuochi d'artificio fa acqua e va chiarito il possibile «intervento maldestro di alcuni saldatori sulla porta di un magazzino, che ha preso fuoco provocando una reazione a catena».

Anche l'ipotesi di materiale bellico sequestrato dall'esercito a gruppi jihadisti sunniti regge poco. «Questo materiale si trovava in un'altra zona del porto non interessata dall'esplosione» spiega la fonte internazionale. Il controllo e le operazioni nella zona del disastro sono stati assunti dal ministro della Difesa, Zeina Adra, una donna che è pure vice primo ministro. Unifil, la missione dei caschi blu nel Sud del Libano, comandata dal generale italiano Stefano Del Col, che da decenni fa da cuscinetto fra Israele e il partito armato filo iraniano Hezbollah, ha messo a disposizione il proprio personale. Sia reparti del genio per rimuovere la macerie, sia esperti di esplosivi, tutti italiani. In particolare, se la Difesa libanese sarà d'accordo, si sta preparando a intervenire un'unità speciale, il «Weapons intelligence team». Esperti di esplosivi, che si sono fatti le ossa in Afghanistan analizzando nei minimi dettagli i risultati delle trappole minate e degli attacchi suicidi per risalire alla «mano» che ha confezionato le bombe. «A Beirut potrebbero scoprire cosa sia realmente accaduto e trovare preziosi indizi sulle cause dell'esplosione e sul materiale saltato in aria» spiega una fonte militare italiana. Però i francesi sono già pronti.

Le forze armate israeliane hanno ufficialmente smentito qualsiasi coinvolgimento. «Però non mi stupirei se ci fossero stati osservatori dal cielo» il giorno dell'esplosione, spiega la fonte internazionale. Il 27 luglio la tensione sulla blue line, la linea non ufficiale di confine fra Israele e Libano, si è impennata attorno alle fattorie di Sheeba. Gli israeliani si sono scontrati con gli Hezbollah scambiandosi reciproche accuse. «Subito dopo le violazioni di Tel Aviv dello spazio aereo libanese sono aumentate da 6-7 al giorno al numero folle di 50-60» rivela la fonte.

Uno degli effetti dell'esplosione di Beirut è stato il rinvio del verdetto del tribunale dell'Onu sull'omicidio del premier Rafik Hariri fatto saltare in aria nel 2005. «La tempistica del disastro è sospetta? Ni - risponde la fonte internazionale - C'erano altri sistemi meno cruenti al posto di radere al suolo una città».

Il vero problema «è il collasso economico. I giovani in piazza chiedono riforme, che sono la condizione posta anche dal Fondo monetario internazionale per ingenti prestiti che salvino il paese dei cedri». Lo spettro della guerra civile o di un nuovo conflitto con Israele è dietro l'angolo. «Fino a poco tempo fa temevo che la proteste di piazza si trasformassero in rivolta armata - sottolinea la fonte internazionale - Per non parlare della possibile recrudescenza della tensione lungo la blue line.

Ai problemi economici, politici e sociali del paese si è aggiunta la devastante esplosione. Il colpo è tale che, per assurdo, il pericolo immediato di una guerra si allontana, ma per il Libano sarà inevitabile la resa dei conti».

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