Onorevole Stefano Ceccanti, lei da mesi sosteneva che, alla fine, si sarebbe tornati a Mattarella. Perché?
«Quando hai un governo del presidente e si deve rivotare per il Quirinale, i partiti che un anno prima hanno votato la fiducia e che ci hanno scommesso devono proseguire. Confermando il presidente. Qualsiasi altra scelta sarebbe stata destabilizzante».
I grandi elettori hanno rivendicato la «strategia dal basso» per il bis, e lei è stato uno dei registi in Parlamento. Come è andata?
«Abbiamo evitato social e simili, che non servono a nulla. Invece, tanta presenza fisica in Transatlantico, parlando con i colleghi. La campagna più divertente la ha fatta Walter Verini con i santini di Mattarella con scritto sopra Ovunque, proteggimi».
Se dovesse fare le pagelle dei leader in questa battaglia per il Colle, a chi darebbe la palma del vincitore e del perdente?
«I leader del centrodestra di governo sono quelli che si sono mossi peggio. Per una ragione: hanno ignorato il legame stringente tra la scelta del presidente e il sostegno all'esecutivo. Non potevano riuscire a tenere insieme sia la maggioranza e sia il rapporto con l'opposizione di Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni aveva un'altra logica: voleva abbattere il governo, e il suo obiettivo era dividere la coalizione che lo sostiene. Per non parlare degli errori di candidatura».
Parla del tentativo del centrodestra con la Casellati?
«Diciamo che scegliere una candidata non gradita ai parlamentari, e in particolare a molti senatori, non è stata un'idea geniale. Chi ne esce meglio invece è Enrico Letta, perché prima ha scelto l'unico metodo giusto, ossia l'unanimità della maggioranza per tenere al riparo il governo. Poi ha dato via libera alla famosa spinta dal basso»
La battaglia però lascia sul campo parecchie macerie dentro le coalizioni. Che ripercussioni ci saranno e come cambierà il quadro politico?
«Sappiamo di non sapere: non è detto che i movimenti immediati che vediamo oggi saranno gli stessi tra qualche settimana o mese. Anche perché i rapporti di forza tra i vari partiti potrebbero cambiare, e questo potrebbe condizionare le strategie dei diversi leader».
Secondo lei anche Sergio Mattarella aveva visto il rischio che si tornasse a lui? E il secondo bis di un presidente non indica un problema di sistema?
«Mattarella era abbastanza tranquillo verso l'uscita. Ma dopo i primi scrutini credo abbia capito subito. In ogni caso la nostra azione dal basso partiva anche dalla lettura della sua cultura politica fatta di responsabilità e senso del dovere. La Costituzione ammette la rieleggibilità, e introduce il semestre bianco per evitare condizionamenti: si può considerare il bis una cosa inopportuna, ma non un problema».
Conte può restare un interlocutore affidabile per il Pd?
«Con lui e Di Maio parla Letta. Noi abbiamo a che fare con i colleghi M5s e una cosa è certa: i numeri maggiori per la rielezione li hanno portati loro».
Il governo esce più forte o no?
«Più forte: l'elezione di qualsiasi altro presidente lo avrebbe indebolito in modo strutturale, essendo un esecutivo di derivazione presidenziale».
Si riapre il tormentone del proporzionale?
«Dipende dai punti di equilibrio, anche originali, che può trovare la maggioranza: non credo che possa valere il celebre There Is No Alternative della Thatcher».
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