Anche il Movimento 5 Stelle ha la sua quota 100. Ha poco a che fare, però, con la riforma del sistema pensionistico. È legata, bensì, a un record che non ha precedenti nella storia della politica italiana. Con l'addio al M5S del deputato Giorgio Trizzino, i parlamentali pentastellati perdono il centesimo componente in meno di 3 anni. Nel 2018, infatti, vennero eletti in 339: 227 alla Camera e 112 al Senato. Oggi, tra addii, sospensioni, espulsioni, cambi di casacca, sono molti di meno.
I 5S contro i voltagabbana
E pensare che una delle battaglie storiche dei duri e puri grillini era proprio la riforma dell'articolo 67 della Costituzione, che prevede che "ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". Quando era capo politico del Movimento, Luigi Di Maio la chiamava riforma anti-voltagabbana, per evitare che un malcostume tutto italiano potesse attecchire anche da loro. Lo stesso Beppe Grillo ne ha sempre fatto un suo cavallo di battaglia. Una proposta di legge in tal senso non è mai stata formulata, ma ai grillini stava talmente a cuore che hanno provato, quantomeno, a mettere mano ai regolamenti parlamentari per evitare diaspore. Hanno persino giocato la carta del terrorismo, con lo stesso Di Maio che da New York, nel settembre del 2019, invocò una "multa da 100mila euro per danni di immagine" per i fuoriusciti. Come previsto peraltro dallo statuto del Movimento. Già in precedenza, in occasione delle elezioni europee del 2014, i grillini avevano previsto sanzioni ancor più salate in caso di cambio di casacca: ben 250mila euro da pagare in caso di eurodeputati "infedeli".
Inutile dire che nessuna multa sia stata mai davvero comminata, anche perché, di fatto, sarebbe incostituzionale. Anzi, a fronte delle defezioni che hanno raggiunto la tripla cifra, a quest'ora i conti correnti pentastellati sarebbero dovuti esplodere. E invece non solo c'è da contare i danni, ma anche le beffe, visto che la fuoriuscita di un numero così alto di eletti comporta circa 60mila euro cadauno sottratti alle spese del gruppo, oltre ai 300 euro mensili che nessuno di loro versa più all'associazione Rousseau (ammesso che prima li versassero, il totale fa 360mila euro l'anno di ammanco).
L'inizio della diaspora
Per usare un gioco di parole, si potrebbe dire che tutto ebbe inizio prima ancora di iniziare, visto che i primi addi al M5S arrivarono ancor prima delle elezioni politiche, quando, ad esempio, due parlamentari in odore di riconferma, Andrea Cecconi e Carlo Martelli, peraltro due tra i "moralizzatori" della prima ora, rimasero invischiati nel rimborsi-gate. In sostanza, anziché versare una parte dell'indennità parlamentare al fondo per la micro-imprenditorialità, inviavano bonifici "fantasma". Promisero di dimettersi in caso di rielezione, invece passarono al Gruppo Misto (dove sono tuttora) tenendosi il malloppo.
Poco dopo toccò allo skipper Andrea Mura, che sosteneva che avrebbe potuto portare avanti l'attività politica a bordo di una barca a vela e a difesa degli oceani. Venne espulso dal Movimento ma, quantomeno, ebbe la decenza di dimettersi 6 mesi dopo l'elezione.
Il M5s perde sempre più pezzi
Da allora, all'indomani di ogni decisione rilevante da prendere dal punto di vista politico e ogni grande tema da affrontare attraverso il dibattito interno, il Movimento ha perso qualche pezzo.
C'è chi si è opposto alla formazione del governo Conte I, chi ha polemizzato dopo il voto sulla risoluzione di maggioranza sul Mes, chi ha votato contro i decreti sicurezza, chi non ha retto al confronto interno sul ruolo del capo politico.
Con l'inizio del Conte II, poi, la situazione si è fatta ancor più seria, con addii anche molto pesanti (tra gli altri l'ex Ministro Fioramonti e Gianluigi Paragone) e con cambi di casacca controversi come quelli di Ugo Grassi, Stefano Lucidi e Francesco Urraro passati confluiti non al Misto bensì addirittura alla Lega.
La formazione del Governo Draghi, infine, ha fatto esplodere tutte le casematte. Un altro big, l'ex direttore di SkyTg24 Emilio Carelli, ha salutato la truppa, e in 36 che non hanno votato la fiducia al nuovo esecutivo e sono stati espulsi. Più vari addii, come appunto quello di Trizzino, o di Emanuele Dessì, o di Vincenzo Spadafora, e altre epurazioni per "assenza non giustificata” al momento della votazione in Aula. A farne le spese sono stati Cristian Romaniello, Yana Ehm e Simona Suriano.
Cento addii. Quasi un terzo della formazione iniziale si è sgretolato col passare dei mesi.
Ora in molti, tra quelli rimasti, sognano l'arrivo del "Salvatore" Giuseppe Conte alla guida del Movimento per provare a persuadere
alcuni parlamentari a risalire sulla nave che imbarca acqua da tutte le parti, o a pescare qualche voce amica nel Misto e nelle componenti moderate degli altri partiti.In caso contrario, la diaspora non potrà che continuare.
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