«Se per andare avanti con il Conte o morte ci dobbiamo prendere Cesa, a questo punto meglio Italia viva». Eccola, la linea del M5s, rigorosamente anonima, nella giornata in cui l'inchiesta «Basso profilo» impatta sulle trattative per la creazione di un gruppo centrista a sostegno del premier Giuseppe Conte. Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc, corteggiato da Palazzo Chigi in quanto possibile «costruttore» in grado di puntellare la maggioranza, è indagato per associazione a delinquere nell'ambito dell'operazione anti-'ndrangheta coordinata da Nicola Gratteri, un altro idolo del mondo grillino. Nonostante gli eredi dello Scudo crociato non abbiano votato la fiducia a Conte, l'inchiesta è comunque un ostacolo sulla strada della formazione di quella «quarta gamba» moderata che dovrebbe consentire al premier di andare avanti senza troppi patemi d'animo, facendo a meno di Matteo Renzi. Infatti Cesa e i suoi fino a ieri erano al centro delle lusinghe dell'avvocato del popolo. Adesso l'accusa che rischia di «far saltare tutto» dice un esponente del M5s.
Proprio per il timore che la trattativa si areni, per tutta la giornata i vertici del M5s stanno in silenzio. In chiaro interviene Nicola Morra, senatore e presidente della Commissione Antimafia. «Prendiamo atto delle dichiarazioni di estraneità di Lorenzo Cesa ai fatti contestati ma intanto la sua abitazione romana è stata sottoposta a perquisizione», dice Morra andandoci comunque con i piedi di piombo. Quindi Alessandro Di Battista: «Con chi è sotto indagine per associazione a delinquere nell'ambito di un'inchiesta di 'ndrangheta non si parla. Punto». Dibba non nomina né l'Udc né il segretario Cesa.
Intanto nelle chat sono tanti gli stellati che pensano che si sia superato il limite. «Non possiamo accettare qualsiasi cosa», sbotta un grillino. I whatsapp più polemici arrivano dai telefoni dei senatori, in fibrillazione per i numeri risicati del governo. Nella chat di Montecitorio la più agguerrita è la deputata calabrese Federica Dieni, vicina a Luigi Di Maio. Chi anima il suk per la ricerca dei «volenterosi» è aperto a ogni possibilità pur di non andare alle urne. «Non so se tutte le condizioni che mettiamo noi poi le possiamo mantenere, ovvero il sempre con Conte e il mai con Renzi, è sempre un casino», si sfoga un parlamentare vicino ai vertici con Il Giornale. Tradotto: se tutto dovesse precipitare, i Cinque stelle potrebbero considerare l'ipotesi di sedersi al tavolo con Renzi e magari cercare un nuovo presidente del Consiglio.
I parlamentari «inc*****i perché non possiamo imbarcare tutto» per tutto il pomeriggio chiedono al gruppo dirigente di prendere una posizione netta. Fino al momento in cui scriviamo il capo politico reggente Vito Crimi non proferisce parola. I parlamentari grillini della commissione Antimafia in una nota auspicano «una fragorosa riscossa civile», ma preferiscono non menzionare Cesa e l'Udc. L'onere di dettare la linea se lo sobbarca ancora una volta Di Maio. Anche se il post su Facebook è abbastanza ermetico, senza il nome e il partito dell'indagato.
«Mi sento di dire che mai il M5S potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi - scrive il ministro - È evidente che questo consolidamento del governo non potrà dunque avvenire a scapito della questione morale, dei valori che abbiamo sempre difeso e che sono fondanti del progetto 5 Stelle. Tutto il nostro sostegno al presidente Giuseppe Conte». E però resta ancora aperto l'altro forno, quello di Matteo Renzi.
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