"Dibba" fa la guerra a Di Maio, ma i grillini non lo vogliono

Qualcuno insiste nel dipingere Alessandro Di Battista come il salvatore della patria per il Movimento 5 Stelle. Ma secondo i sondaggi la maggior parte degli elettori grillini vogliono ancora Di Maio (61%), contro il 28% di "Dibba"

"Dibba" fa la guerra a Di Maio, ma i grillini non lo vogliono

La leadership nel Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio è sempre più a rischio, ma a leggere i sondaggi non si direbbe. Specie se a contendergli il ruolo di capo politico pentastellato fosse l'amico - diventato nel frattempo un nemico - Alessandro Di Battista. Una partita che, con ogni probabilità, si giocherebbe nel campo virtuale della piattaforma Rousseau. Da tempo le azioni di "Giggino" sono date in ribasso, ma in realtà non è proprio così. O comunque "Dibba" non è così popolare come qualcuno vorrebbe far credere. A dirlo è un sondaggio diffuso durante l'ultima puntata di "Agorà", su Rai 3. La domanda era: "Chi deve essere il leader futuro del Movimento 5 Stelle?". Il 38% del campione ha risposto Di Maio, mentre Di Battista ha preso solo il 16%: ben il 46% degli intervistati che ha detto di non sapere. Risultato che non cambia nella sostanza quando la stessa domanda viene rivolta ai soli elettori grillini.

Infatti il 61% di loro indica Di Maio, contro il 28% di Di Battista e un 11% di "non so". Insomma, "Dibba" non è più il capopopolo di qualche anno fa, gli manca quell'effetto di trascinamento dell'elettorato grillino e - in parte - di sinistra che sembrava quasi pendere dalle sue labbra, ma che oggi ha fatto marcia indietro. E ora? Mentre Di Maio è in altre faccende affaccendato - schiacciato com'è dal protagonismo di Matteo Salvini e dai ripetuti fallimenti nell'assolvimento del suo triplice incarico di vicepremier, ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico - Di Battista ha tempo e modo di programmare la sua scalata al carrozzone pentastellato.

Scalata che passerà inevitabilmente da una comparsata tv all'altra, come aveva fatto qualche mese fa per aiutare il Movimento a vincere le elezioni in Sardegna e Abruzzo. In entrambi i casi era andata male. Magari questa volta andrà meglio.

Anche perché sarebbe difficile fare peggio.

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