"Colpire i vertici del Giornale". Dietro il documento i Carc, l'ala dura dell'antagonismo

Il dossier da giorni all'attenzione delle forze dell'ordine. Il ruolo dei "Comitati d'appoggio al Comunismo"

"Colpire i vertici del Giornale". Dietro il documento i Carc, l'ala dura dell'antagonismo
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Il dossier era già nei giorni scorsi sul tavolo dei dirigenti delle Digos e delle questure di buona parte d'Italia, prima ancora che il proclama dell'autoproclamato (nuovo) PCI, con la lunga lista di proscrizione degli amici italiani di Israele venisse messo online. Il convegno di Pontedera del 4 agosto «Con la Palestina fino alla vittoria» è stato seguito e monitorato dall'inizio, e così anche l'elaborazione del documento finale. E la reazione è stata immediata: analisi approfondita del testo e soprattutto del contesto che lo ha prodotto, per capire quanta pericolosità effettiva sia contenuta in quell'elenco di obiettivi indicati nero su bianco.

La risposta, spiega chi ha lavorato al dossier, è netta: dietro la sigla apparentemente inedita del (nuovo)PCI ci sono gruppi e personaggi già da tempo noti alle forze dell'ordine, tenuti sotto osservazione perché costituiscono di fatto l'ala più estrema dell'universo «antagonista» della sinistra radicale. Un universo che non ha finora prodotto azioni terroristiche ma protagonista di ripetute azioni di violenza. Per questo, anche se si evitano eccessivi allarmismi, il proclama partito dalla casella elettronico di Riseup, un server «libertario» basato a Seattle, viene considerato un tentativo esplicito di innalzare la tensione sui temi della guerra in Palestina: un «evidente tentativo di radicalizzare la protesta», come dice un dirigente di polizia che ha studiato la pratica. Tentativo «velleitario», vista la sua provenienza, ma in grado comunque di fare sentire i suoi effetti.

Dietro il (nuovo)Pci e il lungo documento diramato giovedì si muove soprattutto la galassia dei Carc, i «Comitati d'appoggio alla resistenza per il Comunismo», un gruppetto esistente da oltre trent'anni ma divenuto dopo la sua trasformazione in partito nel 2009 il punto di riferimento dei settori più ortodossi dell'antagonismo italiano, e legato ai settori più estremisti del sindacalismo di base. Ideologicamente marxisti-leninisti, e quindi lontani dalle «derive anarcoidi» dei centri sociali, i Carc non fanno mistero di considerare la stagione del terrorismo rosso in Italia un riferimento fondamentale, al punto di parlare nei loro documenti di «eroico tentativo impersonato dalle Brigate Rosse». Questo non impedisce ai Carc di partecipare alle elezioni «borghesi» appoggiando la candidatura di Luigi De Magistris a sindaco di Napoli e poi il cartello di «Unione popolare» guidato dallo stesso ex magistrato.

La loro portavoce mediatica è Fabiola D'Aliesio, ospite fissa dei talk show televisiva, specializzata in insulti alla comunità ebraica e in dichiarazioni d'appoggio all'invasione russa dell'Ucraina. Sulla inclinazione dei Carc alle maniere brusche non ci sono dubbi: una sfilza di dirigenti dell'organizzazione sono stati in questi anni individuati e denunciati alla testa di manifestazioni culminate con aggressioni alla polizia. Mattia Cavatorti, Gabriele Panaro, Luciano Pasetti, Tommaso Bolognesi, questi sono solo alcuni dei nomi che compaiono nei rapporti di polizia sulle violenze di piazza durante le iniziative dei Carc. Non sempre i «duri» dell'organizzazione vengono colpiti con severità dalla giustizia: la Cassazione ha assolto Cavatorti dall'accusa di lesioni ai poliziotti feriti durante gli scontri seguiti all'assalto nel 2014 del comizio di Matteo Salvini all'Hotel Posta di Bologna. Cavatorti, dice in sostanza la Cassazione, non poteva prevedere che se il corteo avesse attaccato la polizia qualche agente potesse restare ferito.

Di episodi simili, con i Carc che si prendono il compito di guidare la deriva violenta delle manifestazioni, ne sono accaduti in questi anni a ripetizione. Il più recente pochi mesi fa, a Milano, al corteo per il 25 aprile, quando proprio dallo spezzone dei Carc sono partiti gli insulti più pesanti contro la presenza della Brigata Ebraica. A Firenze pochi mesi prima era andata ancora peggio, quando al corteo dei Carc contro Israele era stato diffuso un documento che elogiava le stragi del 7 ottobre (al punto da causare l'immediata dissociazione delle comunità palestinese). Ora il documento di Pontedera sembra invitare a una escalation di violenza.

Il seguito dei Carc è modesto, e parliamo d'altronde di soggetti secondo cui l'Italia sarebbe nelle mani di una «Repubblica Pontificia». Ma ciò non impedisce che per alcuni dei nomi indicati nella lista di proscrizione possano venire decise forme di protezione.

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