La difesa di Abedini: "Nessun legame con il caso della italiana"

Il 15 gennaio l'udienza per la concessione dei domiciliari: "Non ha intenzione di scappare"

La difesa di Abedini: "Nessun legame con il caso della  italiana"
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Nella sua cella nel carcere di Opera, Mohammad Abedini «sta spegnendo la televisione perché quando si vede in televisione è sempre affiancato o ad azioni di guerra o comunque è ritenuto responsabile di quei poveri ragazzi americani che sono stati uccisi. Questa è una cosa che veramente lo distrugge dal punto vista umano ed emotivo. È comunque sollevato per Cecilia Sala anche se i due casi sono distinti». A raccontarlo ieri è l'avvocato Alfredo De Francesco, il legale di fiducia dell'iraniano il cui fermo in Italia ha innescato il caso di Cecilia Sala, arrestata per ritorsione a Teheran: e che ora, dopo la liberazione della giornalista italiana, è l'unico scoglio che impedisce di spedire in archivio l'intera vicenda. È uno scoglio ingombrante, perché le immagini che Abedini si rifiuta di vedere sono quelle dell'attacco alla base Usa Tower in Giordania, costato la vita a tre militari Usa, compiuto dai pasdaran utilizzando i droni di cui lui avrebbe fornito illegalmente la tecnologia. Per evitare l'estradizione di Abedini negli Stati Uniti, come l'Italia ha promesso al governo iraniano, bisogna in qualche modo aggirare gli elementi d'accusa che legano l'uomo all'attentato, e che sono indicati anche se in modo sommario nella richiesta di arresto provvisorio inviata da Washington. Sulla base delle stesse, sommarie informazioni la Corte d'appello dovrà mercoledì prossimo decidere se accogliere la richiesta di Abedini di essere in attesa del verdetto sull'estradizione messo agli arresti domiciliari. Abedini, dice il legale, «sarà presente all'udienza del 15 gennaio e abbiamo predisposto una brevissima dichiarazione spontanea da parte sua in cui confermerà la sua disponibilità e il fatto di non voler scappare».

Ma insieme a Abedini a prendere la parola sarà il procuratore generale Francesca Nanni, che ha già fatto sapere di non vedere motivo di modificare la linea seguita finora: Abedini deve restare in carcere, in attesa che dagli Stati Uniti arrivi la formale richiesta di estradizione, corredata da elementi di accusa più dettagliati di quelli forniti finora. E che, va ricordato, non sono apparsi campati in aria né alla Procura generale né alla Corte d'appello.

Il destino giudiziario di Abedini e le sue speranze di tornare libero a breve termine, rischiano insomma di restare sganciati dal clima di distensione creato dall'accordo Italia-Iran che ha riportato la Sala a casa. I giudici possono decidere di tenere l'uomo in cella, e anzi la Procura milanese potrebbe persino decidere di incriminarlo sulla base del materiale che gli è stato trovato addosso al momento dell'arresto. L'unico a poter mantenere le promesse fatte all'Iran continua ad essere il ministro della Giustizia Carlo Nordio: che, come ha ribadito in una intervista al Tg1, non ha partecipato alle trattative diplomatiche dei giorni scorsi, ma ha comunque il potere di liberare Abedini scavalcando i giudici.

Negli ambienti giudiziari milanesi viene segnalato un precedente assai recente, la decisione con cui il 18 dicembre il ministro ha liberato l'informatico Hervè Falciani, ricercato dalla Svizzera per avere rivelato i nomi di migliaia di titolari di rapporti bancari riservati, e catturato in un albergo cittadino il 7 dicembre. L'arresto era stato convalidato ma Nordio lo ha annullato e Falciani è tornato libero. Per Abedini, spiegano i giudici, potrebbe accadere la stessa cosa.

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