Difesa, caccia ai fondi strutturali. Berlino punta al ritorno della leva

Dopo l'accordo sul piano von der Leyen, i governi cercano soluzioni sostenibili. Non esclusa la nascita della banca ad hoc. La Commissione prepara il libro bianco

Difesa, caccia ai fondi strutturali. Berlino punta al ritorno della leva
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Trovata la quadra politica, con l'unanimità dei 27 a Bruxelles, è già tempo di discussioni tecniche per capire come riarmarsi. E con quali strumenti. C'è anzitutto un rompicapo finanziario. Emmanuel Macron lo ha detto lasciando giovedì sera il Consiglio europeo: bisogna trovare finanziamenti comuni perenni per investire nella difesa, che vadano al di là della misura a brevissimo termine del prestito di 150 miliardi previsto dal piano ReArm Europe. Le proposte del piano Von der Leyen sono insomma destinate a una rapida evoluzione.

Lavori in corso tra i ministri dell'Economia. Non è esclusa l'istituzione di una vera e propria «banca del riarmo». Martedì all'Ecofin le ipotesi. Il ministro Giorgetti, che sulla possibilità di indebitare l'Italia ed esporsi a rischi sui mercati non vuol sentir parlare a cuor leggero, nella cena pre-vertice di lunedì metterà sul piatto la creazione di una garanzia europea per investimenti anche privati nella difesa, come l'InvestEu, su cui una certa apertura da Bruxelles ieri è arrivata: «È una delle opzioni». Non si potranno però prendere soldi sulla fiducia: si studia infatti un «codice di condotta» per capire quali progetti potranno rientrare nelle richieste di finanziamento. E per armonizzare il processo.

Secondo von der Leyen, i 150 miliardi di prestiti sarebbero da orientare su appalti congiunti, dovranno finanziare acquisti «da produttori europei», con contratti pluriennali; un modo per «rafforzare l'interoperabilità negli appalti pubblici» con meno frammentazione e riduzione dei costi. Mosca, in tutta risposta all'attivismo Ue, ieri ha minacciato «contromisure appropriate, per garantire la nostra sicurezza», ha detto il portavoce del Cremlino Peskov. I piani di Bruxelles sarebbero per il Cremlino «in grave contrasto con la ricerca della pace in Ucraina».

La Commissione e i 27 governi sono determinati «ad agire con la velocità che la situazione richiede, perché l'Europa sta affrontando un pericolo chiaro e reale», secondo von der Leyen. E lo sono pure i vertici militari. Martedì primo summit della «coalizione dei volenterosi» ipotizzata da Macron con la Gran Bretagna: a Parigi tutti i capi di Stato maggiore degli eserciti che «desiderano assumersi le proprie responsabilità» in Ucraina per garantire un accordo di pace una volta trovato. L'Italia parteciperà all'incontro solo come Paese osservatore, non essendo intenzionata a lavorare su ipotesi dalla cornice poco chiara. Poi, il giorno dopo, la riunione dei ministri della Difesa del gruppo Weimar allargato; atteso Crosetto.

Von der Leyen presenterà un libro bianco sul futuro della difesa il 19 marzo, prima del prossimo Consiglio europeo: quello decisivo per dare il via all'operazione sicurezza continentale, dopo il summit informale di giovedì. Se la Francia dice che spenderà «senza alzare le tasse», come annunciato da Macron in tv, l'Eliseo punta ad avere garanzie più ampie dall'Ue. E gli altri non stanno a guardare, visto il poderoso piano di Berlino. Il capo di Stato maggiore delle forze armate tedesche, Carsten Breuer, ha fatto i conti: la Germania ha bisogno di 200 mila soldati attivi, una riserva permanente di 60mila uomini e una generale di circa 100mila soldati. Totale: 360mila. Se la deterrenza deve essere credibile, urge arrivare a 460mila, servono cioè altre 100mila divise da riempire a tempo di record. Formarle «entro la fine del decennio», spiega alla FAZ, per questo è necessario un qualche tipo di servizio militare. La politica tedesca è pronta. «Già da quest'anno i primi soldati di leva devono entrare nelle caserme», dice alla Bild un portavoce della Cdu. C'è però, nel frattempo, una quadra da trovare per includere l'Ucraina nel progetto, dopo l'ennesimo veto di Orbán.

Ieri un altro colpo, anche all'avvicinamento «politico» di Kiev: «L'adesione dell'Ucraina all'Ue non può essere decisa ignorando i cittadini, stiamo lanciando una consultazione in Ungheria», l'annuncio del premier magiaro.

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