Difesa, la Ue gioca la carta Pnrr: possibile usare i fondi di coesione

La Commissione vara la revisione ai progetti del piano, includendo l'opzione di investimenti ad hoc. Fitto spiega: "Non è un obbligo ma i tempi sono cambiati"

Difesa, la Ue gioca la carta Pnrr: possibile usare i fondi di coesione
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Una modifica formale che può diventare sostanziale. Gli Stati della Ue e le regioni possono individuare «entro giugno 2025» i progetti del Pnrr che «rischiano di non essere completati entro la scadenza di agosto 2026» e che potrebbero essere presi in considerazione per il finanziamento attraverso la politica di Coesione. La revisione di medio termine nell'ambito del Pnrr oltre alla modifica e alle disposizioni dei progetti, ed è questa è la nota più significativa e importante, implica anche la possibilità di aumentare le spese per la produzione industriale della difesa. E apriti cielo. Nel momento in cui si parla di riarmo europeo, c'è chi vede la mossa della Commissione come una scappatoia e chi la accusa di correre verso la guerra.

Tanto che il vicepresidente esecutivo della Commissione Raffaele Fitto ha voluto chiarire il punto più controverso del provvedimento. «L'eventuale uso dei fondi di coesione per aumentare la produzione industriale nella difesa e per migliorare la mobilità militare nell'Ue è una possibilità, non un obbligo per gli Stati membri, che possono scegliere se avvalersene o meno», ha spiegato Fitto, aggiungendo che la «pseudo-centralizzazione dell'uso dei fondi di coesione» non esiste in nessuna proposta della Commissione stessa. La revisione dei piani del Pnrr è secondo Fitto «frutto di un lavoro. Ho incontrato tutti e 27 i governi nazionali, ho incontrato il Comitato delle Regioni e in molti Paesi, come l'Italia, ho incontrato anche la rappresentanza dei sindaci e dei presidenti delle Regioni», con l'obiettivo finale di «creare le condizioni per dare delle risposte». Sul tema degli armamenti che tante discussioni sta creando a livello nazionale ed europeo, l'ex ministro ora tra i leader di Bruxelles, ha spiegato anche che «questo provvedimento e un modo per consentire l'utilizzo di risorse, di adattarle alle nuove priorità, e la difesa, anche nella sua reale possibilità di uso nell'ambito della Politica di coesione che nulla ha a che fare con l'acquisto di armi», ha chiarito.

La «Coesione» rappresenta un terzo del bilancio dell'Ue e la sua missione è quella di ridurre il più possibile le disparità tra le differenti regioni europee. Ma gli attuali programmi della politica di coesione sono stati discussi tra il 2019 e il 2021 e firmati nel 2022 e «da allora - spiega Fitto - il mondo e cambiato in modo significativo e gli Stati membri, le regioni e i territori ora affrontano sfide nuove e intensificate». Ecco il perché di modifiche che, direttamente o meno, aprono anche alla possibilità di investimenti nel settore della difesa. Un processo comunque articolato perché gli Stati membri e le regioni che vorranno utilizzare i nuovi strumenti, dovranno presentare le modifiche ai loro programmi entro due mesi «dall'entrata in vigore della legislazione rivista», dopodiché la Commissione stessa dovrà valutare i programmi rivisti e, secondo le previsioni, il tutto sarà completato non prima della fine del 2025 perché il programma possa operativo dal 2026. «Ho letto dichiarazioni che dicono che noi spostiamo i soldi per la difesa, per le armi.

No: ogni Stato membro decide e ogni responsabile del programma decide se vuole, e può, utilizzare l'opportunità che noi mettiamo sul tavolo», ha spiegato Fitto. Un chiarimento che non basta al Movimento 5 stelle, che definisce «aberrante» l'ipotesi, sull'onda lunga di quel pacifismo di facciata su cui sta marciando da tempo.

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