Plichi consegnati con giorni di ritardo o mai arrivati a destinazione. Potrebbero essere migliaia i connazionali residenti all’estero che non hanno potuto votare per i referendum sulla giustizia. Una delle denunce arriva dagli Stati Uniti e in particolare dal Comitato degli Italiani all'Estero (Comites) di Miami, il secondo per ampiezza negli Usa dopo quello di New York. Il telefono del presidente Andrea Di Giuseppe, in questi giorni è stato preso d’assalto da decine di italiani che in Florida e negli altri Stati sudorientali non hanno ricevuto le proprie schede elettorali, o se le sono viste recapitare soltanto pochi giorni prima del termine ultimo per la riconsegna, previsto per il 9 giugno alle 16. "Le denunce che ho ricevuto finora saranno almeno un centinaio", ci dice al telefono l’imprenditore trapiantato da anni negli States. E questo soltanto nel Southeast.
I consolati avrebbero dovuto spedire le buste entro il 25 maggio per permettere agli elettori di riflettere qualche giorno, compilare le schede e rimandarle indietro nella sede della rappresentanza diplomatica. Di Giuseppe, però, ha ricevuto la sua appena qualche giorno fa. La signora Anna, invece, residente ad Orlando, si è vista recapitare le schede elettorali soltanto il 7 giugno. Lei si è affrettata a riconsegnarle al postino, ma le probabilità che siano arrivate al consolato di Miami in tempo è molto bassa. Stesso discorso per una intera famiglia di Naples, nella contea di Collier. "La spedizione in Florida richiede almeno due giorni e la consegna avviene solitamente dopo le cinque del pomeriggio", spiega al Giornale Pasquale Cetera, consigliere del Comites di Miami. Lui il suo plico non l’ha mai ricevuto. "Lo stesso vale per mia moglie e mio figlio e per almeno altri sei italiani che conosco qui in città", ci dice.
"Mi dispiace molto non aver potuto votare – aggiunge – sia perché si tratta di un tema, quello della giustizia, che mi sta a cuore, sia perché credo fortemente nella democrazia". Del problema dei ritardi nella consegna delle buste contenenti le schede elettorali si era discusso già lo scorso 31 maggio in un webinar organizzato proprio dallo stesso Comites con il console generale a Miami, Cristiano Musillo, che si era giustificato per i rallentamenti imputandoli al weekend lungo per il Memorial Day, ma anche alle difficoltà per "l’estrema scarsità della carta" e il reperimento della "manodopera" per imbustare i circa 360mila plichi da spedire. In più di un'occasione, inoltre, il console si era soffermato a ricordare che per i referendum abrogativi c'è anche "la possibilità di non esprimere il proprio voto, per esprimere il proprio dissenso in maniera indiretta".
Il paradosso, alla fine, è stato che per molti votare non è stato possibile, volenti o nolenti. "Quelle del consolato mi sembrano motivazioni risibili – commenta Cetera – la verità è che ci si poteva organizzare per tempo e meglio". "Il problema, piuttosto, - aggiunge - è di mancanza di volontà politica: secondo uno studio del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero per permettere ai nostri connazionali di votare sarebbero serviti 42 milioni di euro, mentre il ministero degli Esteri ne ha stanziati circa la metà". Anche per il presidente Di Giuseppe le cause dei disguidi vanno ricercate a monte: "Il consolato cerca di fare il possibile con le risorse che ha, il problema è alla Farnesina e in generale nella pochissima considerazione nei confronti degli italiani nel mondo. Il diritto di voto è uno dei diritti più importanti e c’è un’Italia fuori dall’Italia che ogni volta rischia di non poterlo esercitare a dovere".
A denunciare le difficoltà per gli italiani che votano oltreconfine è anche il rappresentante del Cgie Vincenzo Arcobelli, presidente del Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo, che riferisce di "segnalazioni
provenienti da tutto il globo sulla parziale copertura distributiva dei plichi e di ritardi diffusi" e invoca l'istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta per fare chiarezza sulla vicenda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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