Dini conferma gli intrighi di Scalfaro: "Era ostile a Berlusconi"

L'ex premier rievoca il '94: "Impose la Agnelli ministro e mi impedì di procedere con la separazione delle carriere delle toghe"

Dini conferma gli intrighi di Scalfaro: "Era ostile a Berlusconi"
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Intrighi, parte seconda. «Quando il presidente parlava di Silvio Berlusconi avvertivo una forte ostilità nei suoi confronti». Lamberto Dini conferma: Oscar Luigi Scalfaro non poteva sopportare il Cavaliere. E si dava da fare per tenerlo ai margini della vita politica italiana. C'era stata una prima sorprendente confessione un paio di settimane fa: il cardinale Camillo Ruini aveva svelato a Francesco Verderami del Corriere della sera che, nel corso di un pranzo, Scalfaro aveva chiesto a lui ed altre eminenti personalità della Chiesa italiana di aiutarlo a far cadere il Cavaliere.

Ora Dini che prese proprio il posto di Berlusconi a Palazzo Chigi aggiunge altri dettagli e fotografa la distanza del capo dello Stato dal fondatore di Forza Italia. «Non ne ho mai capito il motivo - racconta sempre a Verderami, una delle penne più acuminate e informate del Palazzo - e siccome lui non me lo ha mai spiegato, non mi sono mai spinto a chiederglielo.

Probabilmente era dettato dal fatto che Berlusconi veniva considerato come un'entità esterna al sistema politico. Ed era» percepito «come un elemento imprevedibile».

Alla fine del 1994, il governo Berlusconi, trafitto dall'avviso di garanzia scoccato dal Pool di Milano durante un summit internazionale, si affloscia. «Berlusconi - riprende Dini - allora era soggetto a pressioni da parte dei suoi alleati: Gianfranco Fini voleva tornare subito alle urne perché convinto che il centrodestra avrebbe rivinto. Ma il presidente Scalfaro non accettava di rimandare il Paese al voto nove mesi dopo l'inizio della legislatura: fu lui a suggerire la creazione di un governo di transizione».

Appunto il governo Dini che andò avanti sedici mesi e fu vissuto come un tradimento della volontà degli elettori che avevano incoronato il centrodestra a trazione berlusconiana. E qui il racconto si fa articolato: «Fu lui (Berlusconi, n.d.r.) a telefonarmi per dirimi Lamberto, tocca a te». Del resto Dini, oggi novantatreenne, era stato ministro del Tesoro proprio in quel primo esecutivo guidato dal Cavaliere. Berlusconi, in difficoltà, è costretto a dare una sia pur frettolosa benedizione a quel tentativo, ma intanto ripartono anche le manovre del Quirinale: «Scalfaro volle darmi alcuni suggerimenti. In particolare insistette per Susanna Agnelli: Sarebbe un ottimo ministro degli Esteri, mi disse. E io accettai. Cosi, quando arrivai in Parlamento per chiedere la fiducia, mi rivolsi alla parte che mi aveva proposto come presidente del consiglio, chiedendo il loro sostegno. Ma Berlusconi», che si sentiva intrappolato, «decise di astenersi».

Si consuma lo strappo. E la direzione d'orchestra del Quirinale si fa ancora più marcata sullo spartito della giustizia. «In nessun Paese esisteva, come in Italia - prosegue Dini - un così stretto connubio fra procuratori e giudici.

Perciò sollevai la questione con Scalfaro E affrontai il tema della separazione dei magistrati». Ma il Quirinale cestina il progetto riformatore: «Mi disse: Il tuo è un governo di programma Non sei in condizione di affrontare problemi di questa portata che richiedono tempo». E non se ne fece nulla.

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