Diplomazia e discrezione. L'Italia tratta e valuta anche l'ipotesi scambio

Al lavoro l'intelligence, i contatti con gli Usa. Il sit-in a Torino. Salvini: "Tornerà presto"

Diplomazia e discrezione. L'Italia tratta e valuta anche l'ipotesi scambio
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Diplomazia e discrezione. Esattamente come nei giorni prima che la notizia dell'arresto di Cecilia Sala diventasse di dominio pubblico, la diplomazia italiana continua a lavorare per una sua liberazione in tempi ragionevoli. La linea di Palazzo Chigi resta quella di tenere i toni bassi e non accendere polemiche intorno alla giornalista de Il Foglio e Chora media, una circostanza che non farebbe che complicare la trattativa in corso. Un invito che le opposizioni hanno raccolto, tanto che sul punto sembrano condividere l'approccio alla cutela arrivato 48 ore fa dalla premier Giorgia Meloni. Ieri, infatti, nessun esponente politico - né dal centrodestra, né dal centrosinistra - ha scelto di intervenire sulla vicenda. Fatta eccezione per il vicepremier Matteo Salvini. «Conto che possa tornare presto dalla sua famiglia», ha detto infatti il leader della Lega nel corso di una diretta social.

A Torino, invece, si sono presentate in piazza Castello alcune decine di persone, che hanno partecipato al sit-in di solidarietà organizzato da alcune associazioni radicali. Un appuntamento che ha avuto eco soprattutto sul web, con l'hasthag #FreeCeciliaSala che è rimbalzato sui social per tutta la giornata. «Da dieci giorni - spiegano i radicali - una giornalista italiana è nelle mani del regime teocratico iraniano, sanguinario e liberticida. Il governo italiano ha chiesto di non manifestare, ma noi disobbediamo perché quando una giornalista di un Paese democratico e che fa solo informazione viene arrestata senza capo d'accusa in un Paese dittatoriale come l'Iran l'ultima cosa da fare è stare in silenzio».

Un punto su cui non sono affatto d'accordo a Palazzo Chigi, convinti che qualunque tipo di polemica con il regime di Teheran possa solo contribuire a complicare una trattativa già complessa. Che va avanti ormai dal 19 dicembre, giorno in cui Sala è stata prelevata dal suo albergo e - senza essere messa a conoscenza delle accuse - rinchiusa nel carcere di Evin, prigione nota per ospitare gli oppositori politici del regime. Una negoziazione complicata perché ai contatti diplomatici si sovrappone la strategia d'intelligence coordinata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Anche perché è sempre più forte il sospetto che il suo arresto sia legato a quello dell'ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi avvenuto solo tre giorni prima a Milano a opera della polizia italiana ma su richiesta degli Stati Uniti.

Il governo sarebbe intenzionato a battere qualunque strada, compresa quella di uno scambio triangolare di prigionieri iraniani detenuti in altri Paesi, una soluzione che in passato è già stata seguita. Un'operazione che ovviamente avrebbe bisogno del placet degli Stati Uniti (il presidente uscente Joe Biden, peraltro, dal 9 al 12 gennaio sarà a Roma, dove incontrerà il Papa, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Meloni).

A proposito di Abedini, nei prossimi giorni il suo legale farà istanza per chiedere i domiciliari. Mentre la procura di Milano sta portano avanti un'indagine conoscitiva su procedure e tempi del suo arresto (sono passati solo tre giorni dal mandato al fermo). Una valutazione che potrebbe complicare le procedure d'estradizione degli Stati Uniti e magari rendere più percorribile la via dello scambio sulla Sala.

Il tutto, però, da fare d'intesa tra Roma e Washington. Con il non indifferente dettaglio che si avvicina l'inauguration day del 20 gennaio, il giorno del passaggio di consegne alla Casa Bianca e dell'insediamento di Donald Trump.

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