"Il disagio è parte dell'essere bimbi. L'ideologia l'ha reso una patologia"

La scrittrice: "Ho avuto l'infanzia devastata dalla disforia di genere. A 8 anni mi sentivo un maschio, ma già a 11 avevo scordato tutto"

"Il disagio è parte dell'essere bimbi. L'ideologia l'ha reso una patologia"
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«La disforia di genere è stata montata ideologicamente a tal punto che si è arrivati a medicalizzare ciò che è assolutamente normale nell'essere umano - racconta la scrittrice Susanna Tamaro -. Personalmente ho avuto l'infanzia devastata dalla disforia di genere e per questo ne posso parlare con cognizione di causa».

C'è un grande dibattito su questo tema dopo le evidenti mancanze emerse a seguito dell'ispezione all'ospedale Careggi di Firenze.

«Non dovrebbero neppure esistere i centri per la disforia. La disforia di genere c'è sempre stata da quando esiste l'essere umano. Se questa cosa viene cavalcata, gonfiata, insufflata da un sistema che spinge in una determinata direzione è chiaro che diventa una patologia».

Ritiene che faccia parte dell'essere umano?

«La maggior parte delle femmine desidera essere maschio a una certa età e viceversa. La vera identità arriva intorno ai trent'anni, specialmente ora che i tempi si sono allungati. C'è un tempo di prova dove si sperimentano continui cambiamenti. Medicalizzare questa situazione è criminale».

Perché?

«Perché si immagina che il bambino sia onnisciente, che conosca già il suo destino e che possa distruggere il suo corpo in un modo irreversibile. Questo è un crimine. Considerare la volontà di un ragazzino come una cosa da eseguire è una follia».

Anche i social contribuiscono a creare confusione nei giovanissimi?

«Certo, fanno da gran cassa. Ai miei tempi, parliamo degli anni '60, era un mio dolore segreto. Non ne parlavo con nessuno e non ne parlava nessuno. Ma le assicuro che se avessi avuto intorno un coro di persone che mi dicevano che la mia felicità sarebbe dipesa da quello che loro potevano fare sul mio corpo, è chiaro che avrei fatto il passo».

Mi racconta la sua storia?

«Io sono nata affetta da una sindrome autistica. Le sindromi autistiche portano spesso come comorbilità la disforia di genere. Non è un errore della natura ma un disturbo psichiatrico. La mia disforia si è palesata da subito, dall'asilo».

In che modo?

«Ero molto infelice con le bambine. Volevo stare solo con i maschi. Con le femmine mi sentivo a disagio. Perché una persona con una sindrome autistica ha un cervello privo di emotività e quindi stare con le femmine mi faceva sentire totalmente estranea: loro vivono di emotività. Mi sentivo sola, sentivo di non appartenente a quel mondo. Era un fatto mentale, non genitale».

Con i maschi invece?

«Stavo bene perché erano più semplici, non avevano emotività. Io avrei voluto intraprendere la carriera militare».

Sognava di fare il soldato?

«Chi ha una sindrome autistica fa molta fatica a capire cosa accade intorno a sé, non capisce a cosa obbedire, fa fatica a decifrare il mondo. In un mondo militare io immaginavo che avrei obbedito ai gradi più alti e quindi a chi mi dava ordini giusti. Pensavo che sarei stata serena».

Vedeva il suo essere femmina come impedimento a questo suo sogno?

«Sì, mi sentivo tristemente destinata al caos del mondo. Un dolore terribile. Piangevo la sera nel letto da sola. Ricordo momenti di grandissima sofferenza»

Quando ha accettato il suo essere una femmina?

«La mia disforia ha iniziato a scomparire, piano piano, dagli 11 anni. Verso i 14 anni avevo praticamente dimenticato questa cosa».

Se a otto anni le fosse stata offerta la possibilità di cambiare sesso lo avrebbe fatto?

«Assolutamente sì! Pensi che avevo letto sul giornale che a Casablanca si poteva cambiare sesso e ho iniziato a informarmi su quanto costasse andarci. Senza dire nulla ai miei genitori sarei andata. È il momento di cecità mentale che porta la disforia».

Se fosse riuscita a fare quel viaggio?

«Oggi la mia vita sarebbe una rovina totale. Oggi non sarei più niente».

Le fa paura l'idea che oggi possa essere tutto realizzabile con più facilità?

«Tanta paura. Una persona nasce con un determinato sesso e non deve cambiarlo. Può essere eterosessuale o omosessuale, liberissimo di fare ciò che vuole, ma cambiare chirurgicamente un corpo è una violenza assoluta, un crimine. Perché non si torna indietro».

Come dovrebbero comportarsi i genitori di figli che palesano questa volontà?

«Il genitore deve spiegare al figlio cosa comporterà nella sua vita una trasformazione irreversibile. Una vita di sofferenze fisiche, nessun piacere sessuale. Una vita completamente rovinata».

Oggi non si può più dire maschio-femmina.

Cosa ne pensa?

«È una follia. La totale negazione della realtà. Tutto il mondo si regge sull'equilibrio maschile-femminile. Dire che questo non esiste è l'anticamera dell'Apocalisse, perché si nega che ci sia un ordine nel mondo».

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