Una cagnolina ricca e fortunata incontra un trovatello senza casa. All'inizio la loro sembra un'unione impossibile, poi arriva l'atteso lieto fine. I due cani si innamorano davanti a un piatto di spaghetti e per Biagio comincia una nuova vita, con una cuccia calda e l'abbraccio di una famiglia amorevole. Lilli e il vagabondo è il 15esimo classico targato Walt Disney, un cartoon intramontabile che dal 1955 ha fatto sognare intere generazioni. Oggi, però, insieme ad altri è messo al bando. Accusato di diffondere messaggi razzisti e stereotipi ormai superati. E così la piattaforma streaming Disney+ ha deciso di accompagnarlo con un avviso inequivocabile: «Questo programma include rappresentazioni negative e/o offese di persone e culture».
Il motivo? I due gatti siamesi co-protagonisti del film sarebbero rappresentati attraverso luoghi comuni anti asiatici, mentre i cani ospitati in canile - per esempio il chihuahua messicano Pedro e il borzoi russo Boris - riprodurrebbero un accento forte e comportamenti facilmente riconducibili ai Paesi dai quali provengono le loro razze. E così adesso prima della visione viene diffuso il messaggio di «allarme», che mette in guardia contro contenuti oggi considerati inappropriati. La stessa sorte tocca un altro cartoon amatissimo in tutto il mondo: Gli aristogatti. Questa volta a toccare la suscettibilità del pubblico potrebbe essere Shun Non, un gatto siamese disegnato in modo da riprodurre in modo grottesco una persona di origine asiatica, e cioè con faccia gialla, occhi schiacciati e denti enormi.
Disney ha deciso di prendere in qualche modo le distanze anche dall'indimenticabile Dumbo. Il più antico fra i cartoni sotto inchiesta - è datato 1941 - sarebbe addirittura razzista. La colpa è di un gruppo di corvi neri, che aiutano l'elefantino più triste del mondo a imparare a usare le sue enormi orecchie per volare. Ai pennuti sarebbero state associate voci tipiche delle persone di colore, inoltre la loro raffigurazione ricorderebbe i ministrel show, spettacoli in cui attori bianchi con il volto dipinto di nero impersonavano versioni caricaturali degli schiavi africani. Ma c'è un altro dettaglio che merita di essere segnalato: il nome di uno dei volatili, Jim Crow, sarebbe un chiaro riferimento a una serie di leggi segregazioniste in vigore nel Sud degli Stati Uniti proprio nel periodo storico nel quale il film è ambientato.
Perfino il più recente Libro della giungla non è passato indenne dalla censura di casa Disney. Sotto la lente è finita King Louie, una scimmia dalle scarse capacità linguistiche ed estremamente pigra, che canta nel classico stile jazz dixieland. Il personaggio è molto controverso perché, secondo i critici, altro non sarebbe che una caricatura razzista degli afroamericani. Infine Peter Pan, l'eterno bambino che combatte i pirati sull'isola che non c'è. Nel film i nativi vengono chiamati pellerossa, un termine che oggi viene considerato offensivo e discriminatorio. Ma non finisce qui, perché in una delle scene Peter Pan e i ragazzi perduti iniziano a ballare indossando copricapo di piume che oggi, secondo la Disney, rappresentano «una forma di derisione e appropriazione della cultura e delle immagini dei nativi americani».
Ecco perché ogni visione sarà accompagnata dal messaggio di allerta che aggiunge: «Vogliamo riconoscere l'impatto dannoso del contenuto, imparare da esso e stimolare la conversazione per creare insieme un futuro più inclusivo».
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