Coco Chanel tolse alle donne stecche e busti, rigidità e gingilli restituendole al proprio corpo e ai propri movimenti. Mary Quant spiegò loro che con quel corpo avrebbero potuto farci esattamente tutto ciò che volevano: quattro centimetri di tessuto in meno per insegnare alle donne l'autoindulgenza, per suggerire la rivoluzione soft. La gonna vestiva le «perbene», la minigonna svestiva le ribelli. Agile, spavalda, cortissima, la «mini» era perfetta per oscillare sui «Swinging Sixties» al ritmo dei Beatles e dei Kinks, per andare a stordirsi di avvenire a Carnaby Street nella «Swinging London». Perché Londra non era solo una città, era la prima mecca della controcoltura giovanile.
Si è spenta ieri, all'età di 93 anni, la stilista Mary Quant, la donna che nel 1963 consegnò al mondo la minigonna (anche se qualcuno attribuisce l'indumento al designer francese Courrèges). Ma conscia del punto di non ritorno che la moda aveva intercettato in quegli anni sotto al Big Bang, la Quant amava sgomberare il campo dalla competizione: «Né io, né Courrèges. La minigonna se l'è inventata la strada». Mary la consacra esteticamente facendola indossare a una parrucchiera di 45 chili, Leslie Hornby detta Twiggy (grissino). Sottile al limite della trasparenza, capelli tagliati da maschio, ciglia finte e trucco pop. Anche Twiggy è la minigonna.
Mary Quant nasce a Blackheath l'11 febbraio 1930, in un sobborgo di Londra. I suoi genitori sono due insegnanti gallesi e vorrebbero tanto che anche la figlia si sistemi in una comoda carriera da professoressa, galleggi placida in una vita tranquilla. Mary, che studia illustrazione al Goldsmiths College, in tutta risposta se ne va a Londra appena sedicenne. Conosce Alexander Plunket Greene, di una nobile famiglia inglese e nipote di Bertrand Russell. Si inebriano di vita bohemien. E terminati gli studi, Mary completa un apprendistato con il modista Erik di Brook Street. Lei e Alexander intanto fanno amicizia con un ex avvocato diventato fotografo, Archie Mc Nair, e con il suo aiuto comprano una casa a Londra. Nello scantinato aprono un ristorante e, al primo piano, nel 1955, la boutique Bazaar. Ma sono sulla King's Road: e quel crocevia benedice qualunque cosa ci nasca sopra. I giovani del Paese più conformista d'Europa, la Gran Bretagna, sono i primi a sentire la necessità di cambiare tutto, di rompere con ciò che fino a quel momento è stato. Capelli lunghi per i ragazzi, gonne corte per le ragazze: avanti a rotta di collo. Le marce, la ribellione, «peace and love», i diritti e la marijuana. Il cambiamento si sparge come Ddt e divampa in un attimo. Mary è dentro la sua generazione, sintonizzata sulla sua epoca, in sintonia piena con la sua città. L'iniziale scetticismo londinese nei confronti della boutique che ha appena aperto, lascia presto il passo a un successo irrefrenabile. Arriva la clientela dal mondo del cinema, del teatro e dell'arte. Mary e Alexander si sposano e aprono un altro negozio stavolta nella snob Brompton Road a Knightsbridge. Nel 1963, Mary la rivoluzionaria, Mary la lungimirante diventa anche imprenditrice fondando il «Ginger Group» per esportare i suoi prodotti negli Usa: lancia una linea di cosmetici nel 1966 e una collezione di calzature nel 1967. Nel 1966 la regina Elisabetta la nomina Cavaliere della Corona Britannica, (l'anno prima era toccato ai Beatles). Di recente Re Carlo III l'aveva premiata con il titolo di Membro dell'ordine cavalleresco dei Compagni d'Onore.
Quella gonna minuscola è stato il contributo della moda alla liberazione
della donna. E Mary Quant è stata la sacerdotessa di quella conversione laica. «Una donna è giovane quanto le sue ginocchia» ammetteva spietatamente. E poi, implacabile, ha scoperto le ginocchia alle donne di tutto il mondo.
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