Dossier giunti all'Antimafia. Quei legami degli "spioni" con gli apparati di sicurezza

Tra le carte depositate dalla procura, figurano organismi istituzionali referenti di Striano e Laudati

Dossier giunti all'Antimafia. Quei legami degli "spioni" con gli apparati di sicurezza
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Duecento pagine di richiesta di arresto, tremila di allegati. Un malloppo di carte potenzialmente esplosive è da ieri sul tavolo di Chiara Colosimo, presidente della Commissione parlamentare Antimafia. Le ha inviato ieri il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, nuova puntata dell'inchiesta sulla macchina da dossier impiantata all'interno della Direzione nazionale antimafia per colpire avversari politici e imprenditoriali. Cantone vuole arrestare l'ex pm nazionale Antonio Laudati e il suo braccio destro, il finanziere Pasquale Striano. Di fronte al rifiuto del tribunale di fare scattare gli arresti, parte in contropiede e sceglie di consegnare al Parlamento quasi tutte le carte raccolte finora, e coperte in larga parte finora da segreto istruttorio. Nella lettera di accompagno, Cantone sottolinea che le carte non possono essere rese pubbliche, ma unicamente consegnate ai componenti della Commissione.

Di fatto, il procuratore è probabilmente rassegnato a vedere divulgate le carte: che d'altronde sono già in mano ai difensori di Laudati e Striano, e quindi non rischiano finendo sui giornali di danneggiare le indagini ancora in corso. A temere la divulgazione delle carte, più degli inquirenti, sono le numerose figure che in quelle carte compaiono e che finora sono rimaste fuori dai riflettori, pur avendo svolto ruoli importanti nella raccolta e nella distribuzione dei documenti sottratti da Striano. Sulla esistenza di una zona ancora non emersa dell'inchiesta ha dato segnali precisi lo stesso procuratore Cantone nel comunicato dell'altro giorno. E dal testo circolato ieri del rifiuto dell'arresto di Striano e Laudati emergono elementi precisi su due terreni interessanti. Il primo è il rapporto tra i due indagati e il mondo dell'informazione: tra Striano, in particolare, e i giornalisti del Domani destinatari dei dossier contro Guido Crosetto e altri poitici e imprenditori le indagini hanno individuato un legame che va aldilà di quello consueto tra giornalista e fonte: al punto che due cronisti del Domani, Stefano Vergine e Giovanni Tizian, vengono accusati dalla Procura di essere i veri registi della linea difensiva del finanziere, i ghost writer della memoria difensiva che Striano invia al nuovo capo della Procura nazionale, Giovanni Melillo, quando esplode il caso. Inoltre si scopre che le visure camerali sul conto di Crosetto trovate nel computer di Striano non erano state effettuate dal finanziere ma dai giornalisti che poi gliele girano, in un singolare inversione di flusso di notizie.

Poi c'è l'altro fronte su cui le pagine finora sconosciute sembrano destinate ad dipingere una situazione grave ed inedita. E' quello che nel provvedimento del giudice che ha respinto gli arresti viene sintetizzato con poche righe: a beneficiare dei dossieraggi di Striano erano oltre ai giornalisti amici (del Domani e di altre testate) "soggetti organici all'interno di organismi istituzionali". Di quali organismi si tratta? E qual era il loro rapporto con il finanziere infedele? L'unico dettaglio che trapela dalle carte viaggiate ieri da Perugia a Roma è tutt'altro che tranquillizzante: negli "organismi istituzionali" individuati da Cantone come interlocutori della coppia Laudati-Striano ci sarebbero anche apparati di sicurezza dello Stato. Quando il procuratore di Perugia spiega che l'indagine è assai lontana dall'essere conclusa si riferisce sicuramente anche a questo. Ed è un filone che rischia di portare lontano.

Proprio la delicatezza estrema del materiale arrivato al Parlamento spiega la cautela con cui dall'ufficio della Colosimo viene in queste ore trattato l'incartamento. L'intero malloppo è all'esame dei magistrati dello staff, e solo dopo il loro via libera verrà consegnato ai componenti della commissione.

Compreso un membro che a quelle carte è personalmente interessato: il vicepresidente della Commissione, Federico Cafiero de Raho, che dirigeva la Dna quando la macchina dei dossier imperversava. E che per questo viene ieri perentoriamente invitato da Maurizio Gasparri, membro dell'Antimafia per Forza Italia, a dimettersi prima ancora di poter leggere le carte.

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