Dossier, la procura cerca i mandanti degli "spioni"

Il pm indaga sul movente degli atti illeciti di Striano e Laudati. Il Copasir: "Pronti ad ascoltare Crosetto"

Dossier, la procura cerca i mandanti degli "spioni"
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«Non può ancora dirsi allo stato se vi siano stati mandanti e chi essi siano». É questa per ora la linea ufficiale della Procura di Perugia nell'inchiesta sui dossier illegali distribuiti dal tenente Pasquale Striano e dal pm Antonio Laudati dai loro uffici nella Direzione nazionale antimafia. Il capo della procura di Perugia, Raffaele Cantone, dunque non afferma che i mandanti, il «livello superiore» alle malefatte della coppia Striano-Laudati, esista con certezza. Ma si guarda bene anche dall'escluderlo, come molti vorrebbero per liquidare invece il caso come una banale storia di rapporti disinvolti tra fonti e giornalisti. Striano passava le carte ai reporter del Domani, il giornale le pubblicava, amen: è questa la narrazione che si cerca di accreditare.

In realtà, a non credere a questa ipotesi minimalista è lo stesso Cantone, quando parlando degli accessi abusivi di Striano scrive che «si sta cercando di ricostruire laddove possibile la ragione a monte degli stessi, dovendosi ritenere inverosimile che Striano abbia operato solo per compiacere Tizian (Giovanni Tizian del Domani, ndr) o altri giornalisti». Se si scopre questo movente, si fa un passo anche per identificare i mandanti.

Dell'esistenza dei mandanti si dice certa Raffaella Paita, componente renziana della Commissione Antimafia, che ieri chiede di convocare nuovamente Cantone: sul caso dei dossier serve, dice, «un approfondimento per chiarire, oltre alle circostanze, il teorema che c'era dietro, i mandanti e il sistema stesso». E anche il Copasir, il comitato di controllo sui servizi segreti, sceglie di andare in fondo, annunciando come prossima la convocazione del ministro della Difesa Guido Crosetto, che con la sua denuncia ha dato il via all'indagine, e che all'esistenza di «manine» superiori a quelle di Striano crede fermamente.

Un dato certo che sta emergendo in questi giorni dalle carte dell'inchiesta di Perugia è che sia Striano che Laudati hanno goduto, prima e dopo essere indagati, di appoggi e di trattamenti di favore. Striano, un semplice maresciallo, nel 2019 - quando ormai ha 54 anni - supera un concorso difficilissimo e diventa ufficiale: col nuovo grado di tenente torna alla Dna, e torna a gestire l'ufficio che raccoglie le Sos. Ma non gli basta, punta ad allargarsi, e trova sponsor potenti: il nuovo capo della Dna, Giovanni Melillo, racconta che Striano gli venne raccomandato dal comandante dei reparti speciali della Finanza, Umberto Sirico, alla presenza del comandante generale Giuseppe Zafarana. Striano ha rapporti solidi anche dentro l'intelligence, il suo interfaccia diretto è Silvano Adami, capitano dei carabinieri in forza all'Aise, dove lavora in «sala situazioni», il cuore nevralgico del servizio segreto. Quando Striano viene indagato continua ad avere intorno, scrive Cantone, «una consolidata rete di amicizie pronte a fornirgli aiuto».

A risultare provvidenziale a lui e al suo ex capo Laudati, consentendo loro di limitare i danni, è quanto accade all'interno della Procura di Roma all'inizio delle indagini scaturite dalla denuncia di Crosetto. All'inizio a essere indagato è solo Striano, ma il pm cui viene assegnato il fascicolo, Antonia Giammaria, invece di chiedere notizie al capo della Dna, Giovanni Melillo, le chiede direttamente a Antonio Laudati, mettendolo di fatto sull'avviso e consentendogli di mandare a Melillo una relazione difensiva dell'operato di Striano.

La Giammaria e Laudati si conoscono, anche perchè fanno parte della stessa corrente dell'Associazione magistrati, ma basta questo a spiegare una mossa che rovina in buona parte l'inchiesta? E perchè non viene sequestrato subito il telefono di Striano, lasciandogli il tempo di distruggere quantità incalcolabili di documenti? Probabilmente solo incuria. Ma i mandanti ne hanno beneficiato anche loro.

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