Dossieraggio "anticasta", multato l'Inps a guida M5s

L'ente di Tridico andò a caccia dei deputati furbetti del bonus: sanzione da 300mila euro del Garante

Dossieraggio "anticasta", multato l'Inps a guida M5s

L'ente che custodisce i dati previdenziali di milioni di italiani multato per averli trattati violando la legge e averli esposti a fughe di notizie. Per lo scandalo dei 600 euro degli aiuti Covid ai politici, l'Inps pagherà una maxi sanzione da 300mila euro comminata dal Garante della privacy, come se fosse una di quelle società che vanno a pesca sul web di dati degli utenti.

La cosa sarebbe grave e preoccupante in sé, visto che si tratta di un ente pubblico che gestisce centinaia di miliardi di euro. Ma non è tutto: a leggere con attenzione le 22 pagine del provvedimento del Garante, emerge con chiarezza il profilo di un'operazione condotta al di fuori di ogni regola e in un modo raffazzonato che evoca più il dossieraggio politico che il controllo anti frode.

I tecnici dell'Authority ricostruiscono l'incredibile procedura con cui l'ente è arrivato a passare al setaccio 40mila persone per dare la caccia a 2.000 eletti, fino alla «fuga di notizie» dello scorso agosto, quando vennero rivelati alcuni nomi di «furbetti dell'aiutino» tra cui i deputati Elena Murelli e Andrea Dara della Lega e Marco Rizzone, 5S oggi passato al Centro democratico di Tabacci.

L'Inps però non è Google o Facebook, non ha usato i dati per inserire pubblicità mirata e, stranamente, per mesi non si è preoccupato di chiedere indietro gli aiuti d'emergenza a parlamentari che in stato d'emergenza certamente non si trovavano.

Da subito sorse il sospetto che la fuga di notizie rispondesse a una precisa tempistica, funzionale al referendum taglia-casta su cui il M5s aveva puntato tutte le proprie chance di recuperare consenso. E nel provvedimento che commina la multa si scorgono tracce di una tempistica davvero singolare: il Garante si stupisce che il presidente grillino dell'Inps Pasquale Tridico abbia informato il cda dell'ente sui controlli già a maggio ma abbia poi «rinviato le verifiche sulle posizioni di un'intera categoria di titolari di incarichi politici (i senatori) rispetto alle altre (i deputati e gli amministratori regionali e locali), in assenza di specifiche ragioni legate alla particolarità della posizione rivestita dai senatori rispetto al possesso dei requisiti richiesti».

Lo stesso Tridico, chiamato in audizione in Commissione lavoro alla Camera nei giorni dello scandalo, non seppe spiegare perché non si fosse rivolto né al ministero del Lavoro né alla Camera per sapere se i politici controllati avessero diritto ai 600 euro. Il ministero del Lavoro fu interpellato solo mesi dopo, su pressing della Camera, e il parere è arrivato soltanto a gennaio 2021.

L'Inps, dunque, ha passato al setaccio i politici e ha contravvenuto la regola base della privacy: limitare la raccolta dati a quelli essenziali. Ha passato al setaccio i politici eletti con cariche diverse «senza però aver prima determinato se ai parlamentari e agli amministratori regionali o locali spettasse o meno tale beneficio». Come nota il Garante l'ente ha infatti raccolto dati e sottoposti a controlli anche i politici che «sono stati esclusi dal riconoscimento dell'indennità già all'esito dei controlli di primo livello». Curiosa la replica dell'Inps, che ha annunciato che rispetterà le prescrizioni dell'Autorità ma lamentandosi che «l'applicazione della privacy» (che è prevista da una legge) può creare problemi «legittime azioni di controllo massivo e di antifrode in tempi rapidi».

Non una parola sul fatto che l'Inps abbia raccolto i dati basandosi su un generatore di codici fiscali che «può comportare errori» con scambi di persona.

La multa rilancia i tanti dubbi sull'operato di Tridico, un altro dei Conte boys che da quando c'è Draghi si è inabissato. Ci aveva provato anche Domenico Arcuri. Ma non gli ha evitato di essere messo alla porta.

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