La dote ai diciottenni di Letta? Bocciata dagli economisti

La dote ai giovani proposta da Letta è smontata da molti economisti e giornali dello stesso campo progressista di cui fanno parte i Dem

La dote ai diciottenni di Letta? Bocciata dagli economisti

Il programma economico di Enrico Letta continua a essere cannoneggiato da economisti di ogni orientamento politico e, oltre alla proposta dello "stipendio extra", anche il piano della dote ai diciottenni da 10mila euro da finanziare con nuove tasse di successione e patrimoniale ha subìto critiche molto forti.

E se scontata poteva essere l'opposizione di un economista convintamente liberista come Riccardo Puglisi, docente all'Università di Pavia, secondo cui "l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, non sui regali dello Stato", ben più significativa appare la critica che arriva da molti studiosi certamente più aperti alle istanze progressiste del Partito Democratico guidato da Letta. Giuseppe Pisauro, direttore dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, ha firmato su Domani un'analisi in cui, pur comprendendo la prospettiva di una revisione delle successioni per i grandi patrimoni, ha bocciato i fini della proposta di Letta che mira a finanziare i neo-diciottenni con 10mila euro destinati alla frequenza di corsi universitari, corsi post universitari, corsi di formazione riconosciuti, tirocini professionali o all'avvio di una attività imprenditoriale o professionale.

"I punti deboli della proposta sono diversi", nota Pisauro. Per prima cosa, "l'individuazione delle spese ammissibili" è estremamennte aleatoria e, se da un lato è riconosciuto il valore sociale dell''investimento in istruzione come correttivo importante alle disuguaglianze, altrettanto importante dall'altro è necessario sottolineare che "deve trattarsi di istruzione di qualità. Come si decide quali corsi di formazione o tirocini sarebbero ammissibili? La stessa difficoltà si incontrerebbe per definire l'ammissibilità di spese di avvio di un'attività". Lo stesso si può dire per il mantenimento fuori sede di uno studente. 10mila euro sono una somma che non garantisce l'indipendenza a un giovane, specie se non sottoposti a una capacità di giudizio e gestione delle risorse efficiente. Né garantiscono i dividendi che comporterebbe il rafforzamento di un sistema educativo da rendere ben funzionante e democratico nelle opportunità e il potenziamento di un sistema economico dinamico e innovativo, in cui è il lavoro assieme alla crescita economica a garantire un rafforzamento strutturale delle prospettive dei giovani.

Aggiungiamo poi che la natura piatta del bonus rischia di creare disuguaglianze tra chi non ha a livello famigliare problemi di spesa e chi, partendo da basi economiche più incerte, riceverebbe il suo stesso ammontare. Si rischia di evitare il punto fondamentale del discorso, ovvero l'uguaglianza delle opportunità di partenza come vero presupposto per misurare i meriti.

Un eventuale gettito di imposte di successione alzate ai grandi capitali sopra i 5 milioni di euro avrebbe utilizzi migliori altrove. Per Pisauro, ad esempio, sulla costruzione di residenze universitarie. A nostro avviso, anche programmi di imprenditoria giovanile e costruzione di sistemi efficaci di borse di studio in grado di incentivare la mobilità possono giocare un ruolo vincente. E come si sottolineava sul fronte del millantato "stipendio extra" proposto da Letta, è necessario uscire dalla logica del bonus per dare a tutti i cittadini, soprattutto i giovani, prospettive più certe in ottica strutturale garantendo una formazione di qualità e salari più alti gravati da un fisco meno invasivo.

Anche Cottarelli era contrario

Pisauro, tra le altre cose membro del board de LaVoce.info, non è l'unico economista ad aver criticato la misura di Letta. Anche il duo costituito da Tito Boeri, collega di Pisauro a LaVoce, e Roberto Perotti ha aggiunto la sua visione scettica su una testata certamente nnon ostile al Nazareno come Repubblica. I due economisti bocconiani hanno mostrato come la mossa di Letta non centri il punto: "Se l’idea è di permettere ai giovani di essere indipendenti, con 10.000 euro una tantum non si esce di casa. Se vogliamo aiutare i giovani a mettere su casa (non a 18 anni), meglio sussidiare i mutui: 10.000 euro comunque non convincono una banca a darti un mutuo. La dote va formalmente ai 18enni, ma di fatto alleggerisce il bilancio dei loro genitori".

E quando Letta aveva, l'anno scorso, proposto per la prima volta l'idea della dote a colpire nel segno sulla complessità della misura era stato un attuale candidato del centrosinistra di assoluto prestigio come Carlo Cottarelli, il quale aveva dichiarato: "Non mi piace l’idea di dare 10mila euro al compimento dei 18 anni. Lo Stato ti deve dare istruzione gratuita, questo sì. Ma non mi sembra convincente far passare il messaggio ai nostri giovani che i soldi piovono dal cielo. I soldi bisogna guadagnarseli".

La proposta di Letta odora di demagogia e del tentativo di consolidare con una mancia elettorale le prospettive elettorali anemiche della sua coalizione. Del resto, perché proprio solo i diciottenni, come ha anche chiesto provocatoriamente Giuseppe Conte, e non un'intera generazione deve essere beneficiaria di misure di aiuto? "Perché limitare la misura ai diciottenni quando un’intera generazione, quella dei cosiddetti Millennials, oggi tra i trenta e i quarant’anni, vive in Italia di precariato, di bassi salari e di impossibilità di pianificare un futuro?". Se lo è chiesto un convinto progressista come Stefano Ungaro sempre su Domani.

Ungaro è economista alla Banca di Francia e ha sottolineato i problemi della proposta di Letta se confrontata con le manovre strutturali esistenti oltre le Alpi: "Oltralpe, i giovani e meno giovani hanno accesso a due misure di stimolo alla loro indipendenza: la Prime d’activité (che si potrebbe tradurre come premio al lavoro), e l’Allocation garantie jeunes (assegno di accompagnamento per i giovani)", in larga parte in grado di fornire un complemento di reddito per i lavoratori poveri e uno stimolo all'inserimento sociale dei giovani più svantaggiati. L'Allocation garantie jeunes finanzia poi formazione e contatto col lavoro per i giovani che non stuidano e non lavorano.

Insegnare a un uomo a pescare, ovvero formarlo ad affrontare il futuro, vale più che dargli un pesce, o una mancia oggi: molti economisti lo hanno compreso, Letta fatica ancora a uscire dal semplicismo delle sue proposte elettorali.

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