“Chi vivrà vedrà, ma non abbiamo davvero nessun pregiudizio”. Il post di Salvini di questa mattina, che definiva quello odierno “davvero un buon giorno”, si rispecchia anche nel sentimento dei leghisti a Camera e Senato. C’è attesa, nel Carroccio. Ma anche la consapevolezza di avere l’occasione per riprendere in mano il destino della politica romana. Quello che Renzi tolse a Salvini nel 2018, Renzi potrebbe riconsegnargli tramite Mario Draghi. Il sogno segreto di Salvini, che cercherà di trasformare in realtà nelle prossime ore, lo riassumono alcuni suoi fedelissimi: “Un governo a tempo, sostegno per i ristori e il Recovery, poi il voto al più presto”.
Sono pochi quelli che vedono possibile uno scenario elettorale nel breve tempo. Mattarella ieri è stato drastico: il voto è “un esercizio di democrazia”, ma in pandemia il Colle non vuole portare il Paese alle urne. Eppure… Eppure Salvini sa che il tempo, per quanto stretto, c’è. Tecnicamente, vedasi articolo 88 della Costituzione, il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere fino al giorno prima del semestre bianco. Nel caso di Mattarella significa entro il 31 luglio. Da quel giorno in poi, come illustrato dal Presidente ieri, i tempi sono di almeno due mesi per indire le elezioni: si arriva quindi a settembre/ottobre. Politicamente un’eternità. Ma soprattutto ci sarebbe tutto il tempo di fare quel che Mattarella ha chiesto nel suo discorso: “sconfiggere il virus”, “sviluppare la campagna di vaccinazione”, fare “provvedimenti di tutela sociale”, “presentare all’Ue il Recovery Plan” e utilizzare i soldi di Ursula von der Leyen. Notare le tempistiche messe nero su bianco dal Colle. Entro aprile “va presentato alla Commissione il piano per l’utilizzo dei grandi fondi europei”, ma è auspicabile “avvenga prima di quella data”. Cioè non oltre marzo. Poi serviranno due mesi per discutere il piano con Bruxelles (maggio) e “un mese ulteriore per il Consiglio europeo per approvarlo” (giugno). A quel punto “occorrerà provvedere tempestivamente" all'utilizzo dei denari: a conti fatti si torna a quel settembre-ottobre cui Salvini guarda sognante come data per le elezioni.
In fondo se il governo Conte ter è naufragato ancor prima di salpare, lo si deve anche alla posizione assunta da Salvini. Difficile dire se vi fosse un accordo sottobanco con Renzi, come qualcuno sussurra. Ma certo la strategia del centrodestra ("vogliamo le urne, ma...") ha tolto a Zingaretti, Bettini e Casalino la minaccia del “o Conte o voto” con cui hanno cercato di reclutare i “responsabili costruttori”. La Lega alle consultazioni potrebbe aver assicurato al Colle: “Non ci opporremo a un governo istituzionale, ma deve essere a tempo”. Chi dice che l’accordo non fosse davvero questo?
Salvini e Draghi non si conoscono bene. Ma l’ex presidente della Bce e Giancarlo Giorgetti sì. O almeno così dicono alcuni leghisti secondo cui i due “si sentono spesso, da tanto tempo”. Comunque il leader del Carroccio sul banchiere non ha pregiudizi. “Il problema non è il nome della persona - ha detto - E io l’ho anche detto a questa persona. Il punto è che cosa vuole fare e con chi”. In fondo già in passato Salvini aveva evocato il nome di Draghi. Quando uscì l’articolo sul Financial Times sul “debito buono”, al Senato lo scorso 26 marzo il leghista disse: “Mi si permetta di ringraziare il presidente Draghi per le sue parole, perché è caduto il mito del non si può fare debito”. Per andare ancora più indietro nel tempo, era il 6 novembre del 2019, a chi gli chiedeva un nome per il Quirinale post-Mattarella rispose con un “Why not” all’ipotesi Draghi. Allora la speranza era quella di favorire le elezioni (poi però nacque il Conte bis), avvisando i naviganti che con la Lega al potere il Colle sarebbe potuto comunque finire a un uomo dell’establishment. Oggi l’obiettivo è lo stesso.
Certo qualche resistenza persiste, anche se di solito la truppa leghista quel che decide il leader fa. Da una parte ci sono i parlamentari stile Borghi, critici sull'ex presidente Bce. Dall'altra i Giorgetti Boys. Inoltre Salvini deve tenere insieme la coalizione, con Forza Italia propensa all'appoggio al nuovo esecutivo e Fratelli d'Italia ferma nella "opposizione responsabile". Per capire le mosse, e i desiderata, di Salvini bisogna quindi guardare al pallottoliere. Draghi sarà pure SuperMario, ma pure lui ha bisogno dei voti in Parlamento. La posizione attendista della Lega, per ora, non riguarda solo le scelte che farà il banchiere (governo tecnico o con esponenti politici?), ma anche e soprattutto la posizione che prenderà Luigi Di Maio.
Come spiegato ieri (leggi qui), al netto di chi quasi sicuramente appoggerà il governo “di alto profilo” (Pd, Iv, Fi, Udc-Cambiamo!, responsabili, vari ed eventuali), per superare quota 161 a Palazzo Madama serve l’appoggio o del M5S o della Lega. Il Movimento conta 92 senatori. Una parte verrà sostituita da Fi (51) e da una decina di centristi, ma non bastano (visto pure il possibile “no” di Leu). Qualora il Movimento dovesse spaccarsi (le liti di queste ore vanno in quella direzione), a Draghi servirebbe la fedeltà di una quarantina di senatori grillini. L’addio di Emilio Carelli, dicono fonti leghiste, “ne porta via 5-6 ma non bastano”. E visto che Grillo pare aver sposato la linea Crimi (“leali a Conte, non a Draghi)”, tutto dipende da cosa farà Di Maio: se si schierasse col banchiere (gli aveva fatto “una buona impressione”), molti potrebbero seguirlo ma non è detto che siano abbastanza. Altrimenti l’unica strada passerebbe dal Carroccio (astensione o appoggio vero e proprio).
Che a quel punto avrebbe la golden share dell’esecutivo. “Se serve qualche mese per dare ristori ben venga - sussurrano al Giornale.it voci leghiste - ma poi elezioni appena possibile. Il nostro sogno è un Draghi a tempo”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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