Il consiglio europeo che avrebbe dovuto sancire l'accordo per una risposta comune dei paesi Ue al caro energia, si trasforma in un tutti contro tutti a testimonianza della delicatezza del momento e della tensione che si percepisce tra i vari governi europei. Cerca di riportare all'unità il presidente del consiglio Mario Draghi al suo ultimo appuntamento europeo con un discorso molto netto, in cui ha rimarcato la necessità di agire in fretta con un tetto al prezzo del gas e con uno strumento di solidarietà come il Sure sull'energia. Rapidità, mantenimento del mercato unico e scelte comuni europee, sono le parole chiave del suo intervento, in cui Draghi ha sottolineato il pericolo di una frammentazione del mercato che può avere riflessi negativi sull'unità europea se i Paesi che hanno maggior spazio fiscale dovessero operare in autonomia. Il riferimento è alla Germania che è finita sul banco degli imputati perché, dopo il maxi piano da 200 miliardi, ha bocciato di nuovo l'ipotesi del price cap: «Un tetto al prezzo del gas, imposto per legge, comporta sempre il rischio che i produttori di gas vadano a vendere altrove e che noi europei non riceviamo più gas, ma di meno». Secondo il cancelliere tedesco Olaf Scholz, l'Ue dispone «di sufficiente capacità finanziaria per contrapporsi a questa crisi. Dal fondo del Recovery su cui ci siamo accordati insieme durante la pandemia, finora è stato speso solo un quinto delle risorse», ciò significa una contrarietà tedesca anche all'ipotesi del fondo Sure per l'energia. «Oggi - ha tagliato corto Scholz - ci sarà l'accordo sull'acquisto congiunto del gas».
Il no tedesco al price cap è sostenuto, come da copione, anche dal cancelliere austriaco Karl Nehammer e dal premier olandese Mark Rutte che ha chiesto ulteriore tempo alla Commissione Ue per valutare altre opzioni mentre il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha definito la proposta della Commissione sul tetto al prezzo del gas un «suicidio economico». La profondità della spaccatura tra i paesi europei emerge dalle parole del presidente francese Emmanuel Macron che, rivolgendosi direttamente a Berlino, ha affermato: «Non è positivo che la Germania si isoli, né per se stessa né per l'Europa», auspicando l'unità europea e di trovare quanto prima una soluzione condivisa. Sulla stessa linea il premier spagnolo Pedro Sanchez che ha sottolineato la necessità di arrivare a una soluzione condivisa proponendo un ricoveri plan per l'energia. E più netto è stato il leader polacco Mateusz Morawiecki: «Oggi tutti i paesi vedono il fallimento della politica tedesco-russa». Intanto, non solo non si è giunti a una soluzione per il caro energia ma la diatriba tra i leader Ue sul price cap, ha spinto il prezzo del gas al listino di Amsterdam: +13,9% a 128,25 euro al mwh.
Secondo fonti europee è difficile si riesca a giungere a un compromesso a stretto giro anche se non è escluso ci possano essere novità già oggi, basti pensare che nella bozze di conclusioni, dove è indicato un price cap temporaneo e dinamico, è stato tolto il verbo «esaminare».
L'Italia avrebbe preferito sostituirlo con «proporre» ma la contrarietà della Germania - oltre che di Olanda, Danimarca, Austria e Svezia - ha impedito si andasse in questa direzione. Un nuovo fallimento per fronteggiare il caro energia, è un rischio che l'Unione europea ma soprattutto i cittadini e le imprese, non possono permettersi.
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