«Fesserie». Da Palazzo Chigi liquidano così la polemica sulla consulenza di McKinsey per il Recovery, una disputa «molto politica» che il premier nemmeno considera. E del resto ci ha già pensato il Mef a chiarire che non si tratta di una cabina di regia «alla Conte», ma solo di un supporto tecnico, un servizio da 25 mila euro. «La governance del piano resta al ministero». Piuttosto in queste ore a preoccupare Mario Draghi è un'altra cosa, come mettere presto in sicurezza il Paese in attesa dei vaccini. Salgono i numeri della pandemia, si profila dunque un mese duro e si prevede un'altra stretta. Un po' di ossigeno al sistema dovrebbe arrivare dal decreto Sostegno che sarà varato nei prossimi giorni dal Consiglio dei ministri: un miliardo per il reddito di cittadinanza, la proroga di quello di emergenza ma, a differenza con il passato, una completa ricalibratura dei sistemi di ristoro. Si interverrà «sui danni reali», precisano dallo Sviluppo, e si prenderà a riferimento «l'intera annualità, non due mesi».
Certo, ci sarà da soffrire e forse, chissà, sarà lo stesso Draghi a spiegarlo agli italiani nel videomessaggio che oggi spedirà alla commissione Pari opportunità in occasione dell'8 marzo. Sarà la prima uscita pubblica da quando ha ottenuto la fiducia, l'opportunità per mandare un segnale di vicinanza a chi soffre e di speranza alle famiglie. Bisognerà, come ha detto sabato Sergio Mattarella, «tenere duro» e lavorare sodo. L'obbiettivo del governo è spingere forte sui vaccini, arrivando a 5-600 mila somministrazioni al giorno. Servono le fiale: dopo il blocco delle esportazioni di AstraZeneca dall'Italia all'Australia e il pressing su Bruxelles, il presidente del Consiglio ha in agenda pure una telefonata a Joe Biden per sveltire le forniture americane. Serve anche più organizzazione: campagna a tappeto, gestione unica nazionale e non ondivaga a seconda delle Regioni, via libera ad AstraZeneca oltre i 65 anni. E poi, disco verde a Sputnik e Johnson&Johnson.
Servirebbe pure un po' di tempo, in attesa dei sette milioni di fiale previste per aprile. Invece il virus non dà tregua e Palazzo Chigi è costretto a studiare nuove misure restrittive. Dal coprifuoco anticipato alla zona arancione rafforzata nazionale, dal rosso automatico provincia per provincia se si superano i 250 contagi ogni centomila abitanti ai weekend rossi come a Natale, fino al secondo lockdown generale, di due-tre settimane. Questi i suggerimenti degli scienziati e del Cts per frenare la curva. Prima di decidere quale strada imboccare, Draghi vuole aspettare. «Datemi una settimana».
Intanto fa parlare i ministri. «Vogliamo vaccinare la maggioranza degli italiani entro l'estate. Però adesso l'impatto delle varianti - sostiene Roberto Speranza - impone misure rigorose. Ricevo chiamate preoccupate dai governatori, che firmano ordinanze restrittive. Pure Maria Stella Gelmini è molto consapevole della gravità della situazione». Altre chiusure, quindi. «Purtroppo - prevede Luigi Di Maio - non ci sono alternative a norme più rigide se vogliamo contenere il virus. Non dobbiamo distrarci su questioni secondarie, occorre che tutte le forze politiche si concentrino sulla gestione della crisi».
Ma la stretta, questa la linea di Draghi, dovrà essere comunque accompagnata da un adeguata compensazione economica. E basta polemiche. «Il contributo responsabile di tutti i livelli istituzionali - fa dire ancora a Di Maio - è l'unica strada. Velocità e decisione. Restiamo uniti, lo dobbiamo alla nostra nazione».
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