Ad Arcore, a villa San Martino, incontri un Silvio Berlusconi particolarmente sereno. Le conseguenze del Covid per il leader di Forza Italia ormai sono solo un brutto ricordo. «Mi sento bene, mi sono addirittura messo a dieta» confida. E infatti ha voglia di dire la sua, è disposto a parlare di tutto, dimostrando di avere le idee chiare sul futuro.
Probabilmente anche la politica contribuisce alla sua tranquillità. Berlusconi è convinto di avere riacquistato una posizione centrale non solo nel centrodestra ma negli equilibri del Paese. È stato uno dei fautori del governo Draghi ed è forse il primo garante della governabilità in una fase estremamente complicata per l'Italia che, dopo la tragedia dell'epidemia, deve ripartire e, in un certo senso, ricostruirsi. Poi il ruolo in cui il leader di Forza Italia eserciterà la sua centralità nei prossimi anni, si vedrà.
Presidente Berlusconi, lei è un esponente di punta dei Popolari in Europa. Nei giorni scorsi, nel dibattito interno alla Lega, c'è stata una netta chiusura di Matteo Salvini verso il Ppe, criticato soprattutto perché governa l'Europa insieme ai socialisti. Che ne pensa?
«Non mi sembra una novità. La Lega ha un ruolo, una storia e una collocazione internazionale diversi dai nostri. Questo non ci ha impedito di governare insieme il Paese e, anche oggi, molte delle maggiori Regioni italiane».
L'Italia, dopo la pandemia, sta crescendo al ritmo del 6%. Da imprenditore immagina un futuro roseo per il nostro Paese e quanto dipenderà dalla politica del governo Draghi? Secondo lei, dovrebbe aumentare la sua impostazione liberale nei provvedimenti economici o crede che non possa fare di più visto che il governo è sostenuto da una maggioranza di larga coalizione?
«Come ho detto più volte, questo governo non è evidentemente un governo di centrodestra. Draghi sta facendo bene e sta ottenendo risultati eccellenti, grazie alla disponibilità di tutte le forze politiche della maggioranza, noi compresi, ad accettare dei compromessi, per privilegiare l'unità della nazione di fronte alla più grave crisi del dopoguerra. È evidente che un governo di centrodestra metterebbe maggiormente l'accento sulle liberalizzazioni e sui tagli alle tasse per tornare a creare lavoro e ricchezza. Lo faremo quando gli italiani torneranno ad affidarci la guida del Paese. Tuttavia non ho nulla da rimproverare a questo governo, che nelle circostanze date sta facendo davvero tutto il possibile, con buoni risultati, accogliendo molte delle nostre indicazioni e delle nostre proposte».
È ancora convinto che la politica debba garantire le condizioni affinché il governo Draghi prosegua fino alla scadenza naturale della legislatura del 2023?
«Sempre di più. Interrompere il buon lavoro del governo mentre la ripresa è appena avviata e l'emergenza sanitaria pur controllata grazie al vaccino è ancora attuale sarebbe irresponsabile. Di tutto ha bisogno l'Italia meno che di mesi di conflitto politico paralizzante».
Negli ultimi giorni abbiamo denunciato lo scandalo del reddito di cittadinanza come misura clientelare che spesso premia criminalità e truffatori. Non è ora che il governo intervenga decisamente sull'argomento, senza ascoltare chi paventa disordini in caso di abolizioni di questo strumento?
«Non è in discussione il principio che nessuno deve essere lasciato indietro. Però il reddito di cittadinanza così com'è ha dimostrato di non funzionare, di essere la risposta sbagliata ad un problema reale, quello della povertà. Quello di milioni di italiani sotto la soglia di povertà è un dramma sociale che esiste e che richiede risposte adeguate: ma devono essere risposte responsabilizzanti, non assistenziali e che non si prestino ad abusi vergognosi come quelli che sono stati denunciati».
Parliamo di centrodestra. Quanto può durare l'anomalia di una coalizione che per due terzi è al governo (Forza Italia-Lega) e per un terzo (Fratelli d'Italia) è fuori dalla maggioranza?
«Durerà fatalmente fino alle elezioni del 2023, quando ci presenteremo uniti».
Ci sono state fibrillazioni in Forza Italia, spesso interpretate come momenti di tensione tra il vertice di partito e la delegazione ministeriale. Vede fughe in avanti da parte dei suoi ministri?
«Sulla linea politica di Forza Italia, che è chiarissima, mi pare non ci siano distinguo né fibrillazioni da parte di nessuno. Siamo parte integrante ed essenziale del centrodestra, il nostro ruolo è quello di un partito di centro liberale e cristiano ben distinto da quello dei nostri alleati, siamo europeisti e garantisti, sosteniamo lealmente fino in fondo il governo Draghi, che è nato prima di tutto per nostra iniziativa. È un orientamento chiaro e lineare, scaturito da una comune riflessione fra tutti noi e del quale io naturalmente sono il garante. Non ho sentito nessuno proporre strade diverse, che del resto non esistono. Altra cosa sono piccole incomprensioni personali, del tutto normali in una grande comunità umana e perfettamente risolvibili con rispetto reciproco e spirito costruttivo».
Sappiamo che lei non vuole parlare di Quirinale finché resta in carica il Presidente Mattarella. Ma condivide l'importanza storica di una occasione che possa portare sul Colle un'alta personalità non riconducibile all'area di sinistra, come quelle che si sono succedute negli ultimi vent'anni? Sarebbe utile un'alternanza anche alla Presidenza della Repubblica?
«Non metterei la cosa in questi termini. Naturalmente il centrodestra è in grado di esprimere candidature di alto livello alla Presidenza della Repubblica. Ma il Capo dello Stato deve rappresentare l'Unita della Nazione al di là degli schieramenti. Nel momento in cui viene eletto viene meno ogni sua appartenenza. Non considererei mai il Presidente Mattarella, per esempio, come l'espressione di una parte politica. Non lo sono stati Einaudi, Saragat, Pertini, che pure come lui venivano da una storia di impegno politico attivo ad alti livelli».
Che effetto le ha fatto rivedere, in Tv, il suo storico nemico, Carlo De Benedetti, che si è detto pronto ad espatriare se lei fosse eletto Presidente della Repubblica?
«Sono frasi che non meritano alcun commento».
Dopo il Quirinale, forse, il Parlamento tenterà di modificare l'attuale legge elettorale. Per lei, è importante mantenere un sistema maggioritario e quali scenari politici immagina quando gli italiani ritorneranno alle urne?
«Il bipolarismo in Italia è nato con la mia discesa in campo nel 1994. Ovviamente io credo in questo sistema e ritengo necessaria una legge elettorale che lo consenta. Voglio aggiungere una cosa: il bipolarismo italiano non è certo perfetto, ma non credo che gli italiani rinuncerebbero volentieri al diritto di scegliere con il voto da chi essere guidati. Del resto, è così che funzionano le grandi democrazie dell'Occidente a cui ci ispiriamo. Bipolarismo naturalmente non significa e così vengo alla seconda parte della sua domanda quello che è avvenuto purtroppo qualche volta in passato, cioè uno scontro feroce che punta alla delegittimazione e all'annientamento dell'avversario. Quello che vorrei per il futuro è un bipolarismo europeo, basato sulla netta distinzione fra centro-destra e centro-sinistra, fra loro alternativi, ma anche uniti da reciproco rispetto e da un comune senso di appartenenza alle istituzioni democratiche. Forse la convivenza nel governo Draghi pur imposta dall'emergenza - può aiutare in questo senso. Nel 2023 vedo un confronto bipolare di questo tipo, nel quale noi saremo naturalmente nel centro-destra. Anzi, saremo determinanti per la vittoria di un centro-destra europeo, liberale, cristiano e garantista».
Presidente, un anno fa, gli italiani erano alle prese con severe restrizioni per il Covid. Oggi, grazie al vaccino, l'Italia è uno dei Paesi che è meno esposto ai rischi di una quarta ondata della pandemia. Eppure, c'è ancora chi, nella nostra società, contesta vaccini, green pass e tutti gli strumenti che sono stati messi in campo per ripartire. C'è un modo per gestire la pace sociale messa in pericolo da queste frange oltranziste?
«Come lei dice giustamente, Direttore, si tratta di frange, rumorose ma non pericolose. Forse si sta dando loro anche troppa attenzione e troppa importanza. La gran parte degli italiani per fortuna ha capito che il vaccino è l'unica strada per uscire da questo dramma, che il green pass, che io preferirei fosse chiamato con il suo nome in italiano, e cioè certificato sanitario, è uno strumento per ripartire, hanno capito che non esiste la libertà di contagiare gli altri. Certo, è intollerabile che tutti i sabati la vita di alcune città sia resa impossibile da gruppi di scalmanati che non rispettano le regole. È inaccettabile che il lavoro dei commercianti, che si stanno faticosamente riprendendo dalla fase drammatica del lockdown, debba essere danneggiato in questo modo. Ed è gravissimo che l'irresponsabilità di chi va in piazza senza vaccino, senza mascherine, senza distanziamento, generi nuovi focolai di contagio, nuovi costi per il sistema sanitario, nuovi pericoli per tutti».
Lei è un inguaribile ottimista. Crede che per il nostro Paese il peggio sia alle spalle e ci siano le condizioni per far ripartire l'Italia come negli anni del boom del secondo dopoguerra?
«Sì, gli italiani meritano di farcela. Lo hanno dimostrato in questi anni drammatici, hanno affrontato la tragedia della pandemia con spirito di sacrificio, solidarietà, responsabilità, disciplina. È anche per questo che oggi sia gli indicatori sanitari che quelli economici sulla ripresa sono relativamente migliori in Italia rispetto a molti altri Paesi europei.
Naturalmente gran parte della strada è ancora da fare e i pericoli sono in agguato, ma credo che stiamo camminando nella direzione giusta. Il mio è l'ottimismo della ragione, non solo della volontà. Il modo nel quale i miei connazionali hanno risposto all'emergenza mi ha reso ancora una volta orgoglioso di essere italiano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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