"Così svendono un patrimonio...". Il M5s ora rischia la scissione

Sono quasi un centinaio i parlamentari M5S contrari alla nascita del governo Draghi. Dentro il Movimento, il rischio scissione è ogni giorno più concreto

"Così svendono un patrimonio...". Il M5s ora rischia la scissione

Oggi più che mai il M5S si trova di fronte a un bivio. La delegazione di pentastellati che incontrerà il presidente incaricato Mario Draghi sarà guidata da Beppe Grillo in persona.

Se Davide Casaleggio ha proposto di far decidere il da farsi alla base attraverso un voto sulla piattaforma Rousseau, il comico genovese sembra intenzionato a raccogliere l'appello del presidente della Repubblica, a costo di spaccare il Movimento. I rumors raccolti da ilGiornale.it fotografano un ampio dissenso all'interno dei gruppi parlamentari: circa 60 deputati e 30 senatori sarebbero prontissimi a votare contro l'ipotesi di un governo Draghi in ogni caso. La pattuglia più agguerrita si trova a Palazzo Madama ed è capitanata dalle personalità più vicine al "barricadero" Alessandro Di Battista, ossia gli ex ministro Danilo Toninelli e Barbara Lezzi, ma anche altre personalità importanti come il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra. A Palazzo Madama troviamo anche le senatrici Bianca Laura Granato e Luisa Angrisani molto vicine alle posizioni di "Dibba", mentre alla Camera Alvise Maniero e Raphael Raduzzi. Diversi parlamentari ci riferiscono di essere stati contattati da Di Battista in persona per sostenere la linea di contrarietà a Draghi, ma, d'altra parte, il deputato Pino Cabras ci fa notare che vi sono persino decine di suoi colleghi "dopo solo 24 ore hanno eliminato dai social i post in cui scrivevano 'Mai con Draghi'".

Il deputato sardo non ha dubbi: "Il Movimento si trova davanti a una scelta storica e definitiva: cancellare oltre dieci anni di post del blog di Grillo e, poi, del blog delle Stelle oppure dare continuità a una vicenda storica che ha portato il Movimento ad avere il 32%". In pratica, il successo elettorale dei grillini è stato determinato proprio dalla "critica radicale del mondo che Draghi rappresentava" e, pertanto, oggi i Cinquestelle devono decidere se presentarsi al cospetto di Mario Draghi dicendo: "Accetta il nostro programma?" oppure se consegnarsi nelle sue mani. “In quel caso, sarà la vittoria della Restaurazione”, sentenzia Cabras che aggiunge: “Se l'intento dei vertici del M5S fosse quello di formare una maggioranza Ursula, non saremo davanti a una svolta. Anzi, sarebbe il lavoro di due curatori fallimentari che svendono un patrimonio”.

La pensa diversamente, invece, il deputato Giorgio Trizzino secondo cui i grillini sono stati i parlamentari non sono stati chiamati a rispondere all'appello del presidente della Repubblica “in base alle loro valutazioni personali”. Ci deve, dunque, essere un governo politico con un programma chiaro e “che deve avere dei partiti che lo sostengano”. “Credo che Draghi saprà trovare la quadra e non sarà il mero estensore delle singole richieste dei partiti”, spiega il pentastellato, sempre convinto che il gruppo M5S, al di là di qualche eccezione, resterà compatto. Dalle parole del collega Cabras, invece, il panorama sembra notevolmente più fosco: “Il M5S, in ogni caso, non sarà più come prima, e bisognerà azzerare i vertici perché vengono da una serie di sconfitte: elezioni Regionali, elezioni Europee agli Stati Generali. O il Movimento – attacca - si rigenera o altrimenti uomini e donne di buona volontà che hanno passione politica faranno qualcosa”.

Chi vive una vera e propria lacerazione interiore è il senatore Alberto Airola, uno dei veterani del Movimento. “Sono turbato e angosciato perché c'è in ballo il futuro degli italiani. Stanotte non ho dormito perché, per me, lasciare il Movimento sarebbe spaccare la mia anima”, ci racconta il senatore torinese che è rimasto fedele ai Cinquestelle anche quando hanno ceduto sulla Tav. “Vede, quella è una battaglia che non è conclusa”, ci spiega ma poi aggiunge: “Il nostro programma contiene dei punti che non siamo riusciti a portare avanti con Renzi. Dubito che ci riusciremo con Forza Italia e la Lega”. Il suo giudizio nei confronti dell'esecutivo nascente è impietoso: “Non dico no a priori, ma per questioni di merito, ma questo governo è nato per mettere le mani sui 209 miliardi del Recovery Fund”.

E se il suo collega Primo De Nicola, più propenso a rispondere all'appello del Capo dello Stato, si dice convinto che “come in altre occasioni, il M5S, troverà una posizione unitaria”, Airola avverte: “Se me ne vado io, di sicuro dai Cinquestelle vanno via in tanti anche perché io sono uno dei fondatori”.

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